Translate

lunedì 30 marzo 2015

Ognuno è benvenuto

Nel teatro di Oklahoma in America c’è posto per tutti. Ognuno è benvenuto. Tutti sono utili e tutti hanno un lavoro.
È questa la terra promessa in cui approda il sedicenne Karl Rossman, costretto a lasciare Praga, perché respinto dai suoi genitori, non disposti a tollerare lo scandalo del ragazzo, sedotto da una domestica.
Il protagonista del romanzo America di Franz Kafka inizia così un viaggio avventuroso, che passa attraverso avversità, scacchi, sconfitte, sempre segnato da colpe, che lo spingono fuori da una sorta di Eden sfuggente.
Il viaggio di Karl è caratterizzato sin dal suo arrivo a New York dal simbolico rapporto con una valigia, che rappresenta il passato e che perde in occasione dello sbarco a New York. Karl  la ritrova dopo aver perso la protezione dello zio senatore,  che lo aveva accolto su segnalazione della domestica che aveva sedotto il ragazzo.
Da qui inizia una serie di disavventure, provocate da colpe, spesso insignificanti, che tuttavia fanno precipitare Karl nei meandri di una vita fatta di difficoltà, di incomprensioni, acuite dall’incontro con due canaglie, Robinson e Delamarche, anche loro emigrati dall’Europa in America.
Ingenuo, generoso, sempre pronto a ricominciare, Karl si muove tra le insidie del mondo, incontrando anche persone disposte ad aiutarlo come la capocuoca all’Hotel occidentale.
Il suo viaggio si conclude al teatro di Oklahoma, che simbolicamente rappresenta il ritorno all’Eden, la speranza che anche quando si è perseguitati la meta desiderata può essere raggiunta.
Il romanzo contiene già tutte quelle tematiche che si ritroveranno nei due romanzi successivi: Il processo e Il castello.
Nel romanzo America, anche se è fortemente presente la dialettica colpa – espiazione, rimane rilevante il sogno di una società solidale in cui si può rapidamente arrivare se si riesce a mettere da parte tutti i bagagli del passato, che ostacolano il viaggio verso l’avvenire.


Gaetano Bencivinni 

lunedì 23 marzo 2015

Il visconte dimezzato. Allegoria della vita

All’inizio c’è l’armonia. L’armonia dell’uomo con se stesso, con la divinità, con la natura. L’uomo vive sereno e felice come nel grembo materno. Poi l’armonia si rompe. L’uomo vuole fare esperienza del bene e del male. Vuole decidere da sé ciò che è bene e ciò che è male.
Vaghiamo nel buio. E’ buio dentro di noi. Esiste una via d’uscita? Esiste un di più nella vita che vediamo scorrere sotto i nostri occhi? Qual è il filo sottile che divide con chiarezza il bene dal male? Che cosa accade quando moriamo? Ci sarà un giudizio o il perdono? O soltanto il nulla?
Nel dubbio, dove trovare la sapienza se le fonti tradizionali della sapienza vengono meno? Quali le fonti alternative? Rinunciare e chiudersi nel proprio cerchio dorato o continuare a cercare? Numerose sono le fonti alternative di sapienza che aiutano le persone a trovare risposte a queste domande. Risposte laiche e risposte religiose. Crescono le sette ed i gruppi. La tentazione di creare un gruppo di ‘puri’che ha le chiavi della verità è grande.
La verità è che siamo tutti peccatori e che l’amore di Dio è grande e ci salva tutti, lascia intuire la Bibbia.
Tutti significa proprio tutti: ebrei, cristiani, musulmani, animisti, buddisti e … neocatecumeni e millenaristi, atei e credenti, giusti e peccatori, guerrafondai, assassini, mafiosi, terroristi e … Dio è Uno che si è manifestato storicamente sotto diverse forme nel corso della storia e nelle varie culture.
Calvino ha scritto una bellissima allegoria della condizione dell’uomo Il visconte dimezzato di Italo Calvino.
Calvino cerca di dare risposta ad alcune delle domande dell’uomo di sempre. L’uomo, sempre alienato, mutilato,  può raggiungere l’integrità, la completezza? Da dove viene la sapienza? Che cos’è la saggezza?
Medardo, visconte di Terralba, parte per una guerra contro i Turchi. “Era allora nella prima giovinezza: l’età in cui i sentimenti stanno tutti in uno slancio confuso, non distinti ancora in male e in bene; l’età in cui ogni nuova esperienza, anche macabra e inumana, è tutta trepida e calda d’amore per la vita”.
La prima notte, “benché stanco Medardo tardò a dormire … In cuore non aveva né nostalgia, né dubbio, né apprensione. Ancora per lui le cose erano intere e indiscutibili, e tale era lui stesso”.
Nella guerra viene tagliato in due. Una parte si perde tra le carogne del campo di battaglia, l’altra viene recuperata e salvata. “Adesso era vivo e dimezzato”.
 E’ la parte cattiva del visconte che presto ritorna a casa. Adesso odia l’interezza.  E’scosso da una furia omicida e distruttrice, taglia tutto a metà.” Così si potesse dimezzare ogni cosa intera,così ognuno potesse uscire dalla sua ottusa  e ignorante interezza. Ero intero e tutte le cose erano per me naturali e confuse, stupide come l’aria; credevo di veder tutto e non era che la scorza. Se mai tu diventerai metà di te stesso, e te lo auguro, ragazzo, capirai cose al di là della comune intelligenza dei cervelli interi. Avrai perso metà di te e del mondo, ma la metà rimasta sarà mille volte più profonda e preziosa. E tu pure vorrai che tutto sia dimezzato e straziato a tua immagine, perché bellezza e sapienza e giustizia ci sono solo in ciò che è fatto a brani”.
Ma il male è in ciascuno di noi, la violenza è il denominatore comune dei rapporti tra gli uomini. “Ogni incontro di due esseri al mondo è uno sbranarsi. …io ho la conoscenza di questo male e sarai più sicura che con chiunque altro; perché io faccio del male come tutti lo fanno; ma, a differenza degli altri, io ho la mano sicura”, dice Medardo a Pamela, la contadinella rozza ed ignorante di cui si era innamorato.
Ma ecco che improvvisamente per le campagne di Terralba si aggira un altro uomo dimezzato. E’ la parte buona che, guarita da due eremiti, è tornata dalla guerra. Comincia  a fare del bene a destra e a manca. “   
Ha pietà persino del Gramo. “O Pamela, questo è il bene dell’esser dimezzato: il capire di ogni persona e cosa al mondo la pena che ognuno e ognuna ha per la propria incompletezza. Io ero intero e non capivo, e mi muovevo sordo e incomunicabile tra i dolori e le ferite seminati ovunque, là dove meno da intero uno osa credere. Non io solo, Pamela, sono un essere spaccato e divelto, ma tu pure e tutti. Ecco io ora ho una fraternità che, da intero, non conoscevo: quella con tutte le mutilazioni e le mancanze del mondo. Se verrai con me, Pamela, imparerai a soffrire dei mali di ciascuno e a curare i tuoi curando i loro”.
Così tra carità e terrore trascorreva la vita a Terralba. “Il Buono era tenuto ormai in conto di santo. Gli storpi, i poverelli, le donne tradite, tutti quelli che avevano una pena correvano da lui. Avrebbe potuto approfittarne e diventare lui visconte. Invece continuava a fare il vagabondo, a girare mezz'avvolto nel suo lacero mantello nero, appoggiato alla stampella, con la calza bianca e azzurra piena di rammendi, a far del bene tanto a chi glielo chiedeva come a chi lo cacciava in malo modo. E non c'era pecora che si spezzasse gamba in burrone, non bevitore che traesse coltello in taverna, non sposa adultera che corresse nottetempo ad amante, che non se lo vedessero apparite li come piovuto dal cielo, nero e secco e coi dolce sorriso, a soccorrere, a dar buoni consigli, a prevenire violenze e peccati”.
“ Le donne lebbrose, senza più quello sfogo di far baldoria, si trovarono a un tratto sole di fronte alla malattia, e passavano le sere piangendo e disperandosi. Delle due metà è peggio la buona della grama, si cominciava a dire a Pratofungo .
Medardo ha un ripensamento. “Da tempo penso che l'infelicità altrui ch'è mio intento soccorrere, forse è alimentata proprio dalla mia presenza. Me ne andrò da Terralba”.
Ma ecco che le due metà di Medardo, grazie ad uno stratagemma di Pamela,  si riuniscono in un  uomo intero “né cattivo né buono, un miscuglio di cattiveria e bontà…ma aveva l'esperienza dell'una e l'altra metà rifuse insieme, perciò doveva essere ben saggio. Ebbe vita felice, molti figli e un giusto governo. Anche la nostra vita mutò in meglio. Forse ci s'aspettava che, tornato intero il visconte, s'aprisse un'epoca di felicità meravigliosa; ma è chiaro che non basta un visconte completo perché diventi completo tutto il mondo.
Così ognuno potesse uscire dalla sua ottusa e ignorante interezza”.
Alla fine dei tempi ci sarà il giudizio. Dio separerà i giusti dai peccatori. Intanto che il male cresca accanto al bene, con esso intrecciato. Insegna quella piccola Apocalisse che è la parabola della zizzania nel Vangelo di Matteo(13,24ss)..
“Lasciate che crescano insieme (l’erba buona e l’erba cattiva)”,dice il Figlio dell’uomo a chi vorrebbe estirpare dal campo del Regno la zizzania che era cresciuta aggrovigliata al grano, lasciate che crescano insieme. Nessuno di voi ha il diritto e la capacità di estirpare l’erba cattiva. Può sbagliare e togliere via insieme all’erba cattiva anche il buon grano e non è tempo che l’erba cattiva venga estirpata. A qualche zelante devoto, certo della sua personale salvezza, premeva che Gesù instaurasse come tanti altri allora la pura comunità messianica mettendo da parte i peccatori. Gesù non fece alcun tentativo del genere.  Egli aveva dichiarato guerra alla comunità farisaica del residuo e fra i suoi adepti vi erano di quelli che non si sarebbero potuti giustificare dinanzi a Dio. L’irritazione dei puri devoti diventa pretesto di un discorso in forma di parabola.
Nel cammino della vita e nel cuore dell’uomo il bene ed il male crescono insieme.
Ma il giudizio ci sarà. Il bene  splenderà ed il male sarà estirpato e bruciato come erba secca. Solo dopo il giudizio finale che introduce il regno di Dio. “Allora i giusti splenderanno  come il sole nel regno del Padre loro”. Prima tutto è frammisto buono e cattivo.
L’ansia apocalittica trova la sua pace e la tentazione settaria è bastonata.


Rosa Randazzo

sabato 21 marzo 2015

Festa della donna. L’intervento di Carmen Antonuccio

Nel corso della serata Carmen Antonuccio ha reso omaggio alle “donne resistenti”.
Ha letto la lettera che Reyhaneh Jabbari ha scritto alla madre, prima di essere impiccata.
Reyhaneh è una donna iraniana di 27 anni,  impiccata nel suo paese all’alba di sabato 23 ottobre 2014 per aver ucciso l’uomo che aveva tentato di stuprarla. A nulla sono valsi gli appelli internazionali di Papa Francesco, di Amnesty International, del ministro degli Esteri Federica Mogherini e di tanti intellettuali iraniani per salvare la giovane donna dal suo destino. Cinque anni nel braccio della morte sono finiti con la forca. 
E’ una lettera struggente e coinvolgente. Scritta in punto di morte, è un inno alla bellezza e alla vita.

Il primo giorno in cui alla stazione di polizia una vecchia agente zitella mi ha schiaffeggiato per le mie unghie, ho capito che la bellezza non viene ricercata in questa epoca. La bellezza dell'aspetto, dei pensieri e dei desideri, una bella scrittura, la bellezza degli occhi e della visione e persino la bellezza di una voce dolce.

Non voglio che i miei occhi o il mio giovane cuore divengano polvere.
Prega perché venga disposto che, non appena sarò stata impiccata, il mio cuore, i miei reni, i miei occhi, le mie ossa e qualunque altra cosa che possa essere trapiantata venga presa dal mio corpo e data a qualcuno che ne ha bisogno, come un dono.

Compratemi un mazzo di fiori oppure pregate per me."



mercoledì 18 marzo 2015

Festa della donna. L'intervento di Maria Castellani

“ Un bambino, un insegnante, un libro e una penna possono cambiare il mondo”

Il film Persepolis, proiettato nella sala del Centro anziani di Cetraro centro l’8 marzo, ha portato gli spettatori presenti a riflettere sulla situazione femminile in Iran.
Non è diversa, però, la condizione socio-economica in tutto il Medioriente, addirittura simile al Pakistan.
Tutto ciò è stato evidenziato dal romanzo autobiografico Io sono Malala, che ho brevemente commentato nella stessa serata.
Questo libro è stato scritto da Cristina Lamb, importante corrispondente di guerra. La giornalista ha riportato ogni singola espressione di Malala, compresa la semplicità del linguaggio. Emerge dal romanzo una testimonianza molto importante e piacevole, sia per la situazione pakistana, che per il messaggio di pace e l’ impegno di questa piccola e coraggiosa pashtun.
“ Sedermi a scuola e leggere i libri è un diritto, vedere ogni essere umano sorridere è il mio desiderio “
Malala subisce l’attentato all’uscita da scuola; ha 15 anni, ma per i talebani è colpevole di aver gridato al mondo il suo desiderio di leggere e di studiare.
Visionando questo testo, ci rendiamo conto che siamo tra le pagine di storia di oggi, dove ci sono uomini che con un kalashinkov in mano sparano in testa ad una ragazza coraggiosa, perché fomenta l’amore per lo studio e la cultura; dove ci sono uomini che picchiano a sangue una donna perché cammina sola per la strada.
Atrocità lontane da chi ha avuto la fortuna di nascere in altri contesti sociali eppure presenti in molti luoghi della terra.
Malala Yousafzai è stata invitata all’ONU nel2013 per parlare di pace e scuola.

Nel 2014 le è stato conferito il premio Nobel per la pace. Ha creato la fondazione: “Il Malala found”che mira a raccogliere ed investire denaro in azioni che diano più potere alle comunità locali, diano a tutti, non solo l’alfabetizzazione di base, ma gli strumenti, le idee e le reti che possano aiutare le ragazze a far sentire la propria voce e a creare un domani migliore.

lunedì 16 marzo 2015

Festa della Donna. L'intervento di Marietta Gallo


Parlare di Shirin Ebadi, in occasione della festa della donna presso il Centro Sociale Anziani di Cetraro, è stato molto importante per me e, penso, anche per coloro che mi hanno ascoltata. Dico questo perché di donne, come la Ebadi ed altre ancora, poco si sa o forse niente.
L’iraniana Shirin  Ebadi e’ l’undicesima donna a vincere il premio Nobel per la pace. La notizia ha suscitato molte sorprese,  perche’ alla vigilia, da piu’parti, veniva dato per certo che il premio sarebbe stato assegnato a Giovanni Paolo II. Era il 10 ottobre 2003. Il presidente del comitato  ha proclamato  la vincitrice ad Oslo lodando il suo “coraggio “ e il suo impegno in favore della “democrazia ,” nonche’ la sua battaglia per i diritti delle donne e dei bambini. Shirin Ebadi, “sbalordita ,” alla notizia del prestigioso riconoscimento, ha dichiarato : “Questo premio va a tutti gli iraniani  che si battono per la democrazia.” Poi da Parigi, in un incontro con la stampa, ha chiesto “ la liberazione al piu’ presto  possibile “dei prigionieri iraniani che lottano per la democrazia  e la libertà. “ La cosa piu’ urgente, “ ha proseguito, “ e’che la liberta’ d’espressione sia rispettata e che le persone in carcere per le loro opinioni siano immediatamente liberate”. Ha poi espresso ammirazione per Giovanni Paolo II dicendo: “ Ho sempre ammirato il Papa  ancor piu’ perche’ ha condannato l’intervento americano  in Iraq.” Il comitato norvegese per il Nobel e’ lieto di premiare “ una donna che e’ parte del mondo musulmano,” si legge nella motivazione del premio, che sottolinea come Ebadi  non veda conflitto fra Islam e i diritti umani fondamentali. Per lei  e’ importante che il dialogo fra culture  e religioni differenti possa partire da valori condivisi. “Come avvocato, giudice, insegnante, scrittrice e attivista politica, la Ebadi  ha sempre alzato la voce nel suo paese e ben oltre i suoi confini” prosegue il testo del comitato norvegese: “ non ha mai ceduto alle minacce , in un’era di violenza ha sostenuto la non violenza.  Shirin  Ebadi , nata  nel 1947 e’ stata la prima donna  nominata giudice prima della rivoluzione. Laureata in legge all’universita’di Teheran, e’ stata nominata  presidente del tribunale dal 1975, ma dopo la rivoluzione del 1979 e’ stata costretta  a dimettersi per le leggi  che limitarono  autonomia  e diritti civili alle donne iraniane. Ha difeso le famiglie di alcuni  scrittori e intellettuali uccisi tra il 1998 e il 1999. Nel 2000 ha partecipato ad una  conferenza  a Berlino  sul processo di democratizzazione in  Iran , organizzata  da una fondazione vicina ai Verdi tedeschi, che provoco’ la reazione dei poteri conservatori a Teheran con  l’arresto dei partecipanti tornati  in Iran. Shirin Ebadi,perseguitata,  fu sottoposta ad un processo segreto per aver prodotto e diffuso una video-cassetta  sulla repressione  studentesca  del luglio 1999. La  Ebadi  e’ stata una dei primi giudici donna in Iran e la prima donna  a diventare Presidente della Corte Suprema. Ha fatto molto  ma ha anche pagato sulla propria pelle tutte le sue scelte. Nel 2009  ha lasciato l’Iran per un breve viaggio, alla vigilia della rielezione  del Presidente Ahmadinejad. Da allora non e’ piu’ riuscita a rientrare.

sabato 14 marzo 2015

Festa della donna. L’intervento di Rosa Randazzo

L’8 marzo ci sentiamo a disagio nel dire che celebriamo la“Festa della donna”. Probabilmente perché ci sentiamo pienamente emancipate.  La parola femminismo  ci mette a disagio, quasi che non ci sia più bisogno di femminismo. Sappiamo che non è così. Non ricordo chi ha detto una frase-verità che mi è rimasta in mente : Possiamo dire che in un paese non ci sono differenze di genere quando una donna cretina occupa un posto importante, che tanti uomini cretini occupano, senza creare scandalo.
C’è ancora bisogno di femminismo in occidente e, con ragioni maggiori e più gravi, in alcuni paesi dove è lo stato stesso a creare discriminazioni, dove è la legge a stabilire che la donna è inferiore e che vale giuridicamente la metà dell’uomo. In questi paesi  il femminismo può fare molto. 
Questa sera quindi siamo qui, non per celebrare un rito, ma per riflettere e per esprimere solidarietà alle tante donne che soffrono per le discriminazioni di genere e spesso pagano con la vita la loro resistenza.
Il film di cui vedremo delle scene è intitolato Persepolis . E’un film animato scritto e diretto da  Marjane Satrapi e Vincent Paronnaud. Candidato all’Oscar nel 2007, ha vinto il premio della giuria al festival di Cannes nello stesso anno.
Oggi Marjane Satrapi vive e lavora in Francia, in esilio. Non può tornare nel suo paese perché ha osato raccontare la vita della sua famiglia, o meglio, come dice in una intervista, l’amore per la sua famiglia, nello svolgersi di momenti tragici della storia dell’Iran: dalla caduta della dittatura dello scià Reza Pahlavi  alla cosiddetta rivoluzione islamica che ha instaurato la Repubblica islamica (1979) la cui costituzione si ispira alla legge coranica , la sharia.
E’ la storia di un cambiamento, è la storia di come i grandi cambiamenti politici cambiano la vita delle persone.
Uno sguardo critico,  e per di più femminile , sulla maschilissima e maschilista rivoluzione islamica, che non è stato gradito dal governo iraniano tanto che, ancor prima del suo debutto  al festival di Cannes, il Dipartimento cinematografico iraniano ha fatto recapitare all’Ambasciata francese a Teheran una lettera di protesta, prontamente respinta al mittente.
La scena iniziale  è l’unica scena a colori di tutto il film.
Un giorno Marjane si sentiva così triste che è andata all’aeroporto con l’intenzione di partire. Ha passato tutto il giorno  a piangere guardando gli aerei decollare. La scena “dà il senso della lontananza, della nostalgia, dell’esilio”. (V. Paronnaud) E’ un omaggio al paese che la ospita, la Francia. Il colore marca la differenza anche visiva con un passato grigio e soffocante.
Per il resto il film è in bianco e nero. L’assenza del colore, l’astrazione dell’ambientazione e degli sfondi , il disegno aderente alla realtà conferiscono al film un carattere di universalità. Aiutano gli spettatori “ ad avvicinarsi alla storia, che potrebbe essere ambientata in Cina, Israele, Cile o Corea, perché è una storia universale”( da una intervista alla scrittrice).
Il disegno è stato realizzato in maniera completamente tradizionale, senza immagini generate al computer.
Il film, come tutti i film di registi di paesi africani, asiatici, sudamericani, che noi indichiamo generalmente con nozioni astratte come extracomunitari, sottosviluppati o in via di  sviluppo, fondamentalisti islamici e oggi sempre più spesso col termine “ terroristi”, ci aiuta a considerare gli Iraniani come persone che vivono, soffrono, ridono,  si divertono, piangono come  noi e come noi esprimono valori veri, universali.  Danno della realtà un’immagine diversa da quella che vediamo in Tv o leggiamo sui giornali.
I temi del film sono tanti. Io ho scelto quelle scene che più riguardano le donne.
Il film ha avuto un grande successo.  Nel 2003 una  donna iraniana Shirin Ebadi ha ricevuto il premio Nobel per la pace.  Alla domanda di un giornalista a Marjane Satrapi se il mondo spinge l’Iran verso il cambiamento, la scrittrice ha risposto:
“I grandi cambiamenti non sono mai il prodotto di una sola persona. Il cammino verso la democrazia è un lungo cammino. Una società è pronta per essere democratica il giorno in cui le donne e gli uomini che ne fanno parte saranno considerati uguali”.
Oggi in Iran il 70%degli studenti è formato da ragazze. “Un giorno queste donne che hanno studiato il doppio, lavoreranno, si emanciperanno e spingeranno la società verso il cambiamento. In modo naturale. La democrazia non si regala come un pacco né con le bombe.”

mercoledì 4 marzo 2015

8 marzo Omaggio alle Donne che non hanno voce

8 marzo 2015 
Omaggio a 
Marjane Satrapi,Malala Yousafzai,  Shirin Ebadi, Reyhaneh Jabbari
e  alle Donne che non hanno voce

lunedì 2 marzo 2015

La nave del ritorno

Quando il profeta vede dall’alto di una collina la nave all’orizzonte, attesa da dodici anni, le porte del suo cuore si aprono. Il sogno, a lungo coltivato, approda sul lido sicuro della solida realtà. Tuttavia, un filo di nostalgia lo attraversa e lo induce a rispondere alle domande del popolo di Orphalese, che lo implora a prolungare ancora il suo soggiorno.
La nave del ritorno è già pronta sulle acque del porto della città. Lo aspetta paziente, per riportarlo nella sua isola natale. La partenza non si può più rinviare.
Allora il profeta rivela squarci di verità su ciò che esiste tra la nascita e la morte.
Il suo discorso si sofferma sull’amore, sull’amicizia, sulla gioia e la tristezza, sul piacere e sul dolore, sulla ragione e sulle passioni, sul bene e sul male.
Il profeta risponde alla profetessa, al sacerdote, all’eremita, al mercante, all’oratore, al muratore e alla gente comune.
Parla del dare, del comperare, del vendere, del lavoro, della libertà, delle leggi, dell’insegnamento e del conversare.
Le sue riflessioni, ricche di immagini efficaci, si estendono alla coscienza di se, alla religione, alla preghiera, al lento fluire del tempo e alla morte, con l’occhio rivolto all’oggi, che abbraccia nel ricordo il passato e nella speranza il futuro.
La bellezza illumina il sentiero dove passa l’anima, che scala le vette e si aggrappa con ardore alle stelle.
Tutto questo( o quasi) si ritrova nelle splendide pagine del libretto Il profeta dello scrittore libanese Kahlil Gibran.
Una lettura speciale, che trasporta il lettore nel mondo incantato dell’arte, dove brilla l’eternità, che fa vibrare le magiche corde dell’arpa della vita.


Gaetano Bencivinni