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sabato 24 novembre 2018

Un Caffè letterario tra garantismo e giustizialismo


Liberalismo, populismo e sovranismo, garantismo e giustizialismo, pentimento e resurrezione. Intorno a questi temi si è svolta la conversazione letteraria di Gaetano Bencivinni sul romanzo Delitto e castigo di Dostoevskij, nell’ambito della settima edizione del caffè letterario organizzato dal Centro sociale anziani di Cetraro. L’evento è stato coordinato da Vittoria Colistra, vice presidente dell’associazione. Rilevante la partecipazione del pubblico. Il primo cittadino, Angelo Aita ha colto l’occasione per riproporre la questione di bruciante attualità che riguarda il rispetto delle regole anche in situazioni complesse in cui bisogna perseguire il bene comune sia pure tra mille ostacoli e tante pastoie burocratiche. Il consigliere regionale, Giuseppe Aieta ha preannunciato che a breve illustrerà a Cetraro la legge sull’invecchiamento attivo recentemente varata dalla regione Calabria. Luigi Lupo, presidente dell’associazione Calcia l’Autismo, ha puntato i riflettori sulla complessità del fenomeno dell’immigrazione ed ha indicato nella integrazione attiva la via da seguire per fronteggiare il problema dell’accoglienza. L’ex giudice di pace, Elisabetta Pelaia ha ribadito che le regole vanno comunque rispettate anche quando non sono condivise o possono rappresentare ostacolo alla realizzazione di buoni propositi. Il responsabile di Area democratica, Pino Losardo si è soffermato sulla, necessità di ritornare ai principi e ai valori di solidarietà e di rispetto reciproco, che devono rappresentare i pilastri intorno a cui va costruita una società sana e coesa. Il prossimo appuntamento del caffè letterario è fissato per il 26 novembre con il critico d’arte calabrese, Carlo Andreoli, che si soffermerà sul tema Palazzi e gente di Cetraro.

Gazzetta del Sud, 22 novembre 2018                              Tiziana Ruffo


giovedì 22 novembre 2018

Le stelle di Arturo Anonimo


Aspettando  un treno, di Arturo Anonimo.  Sulla copertina, in primo piano, due valigie , sullo sfondo una larga distesa di verde attraversata da una lunga strada rettilinea. La stazione non c’è, né quella d’arrivo né quella di partenza.
 Giro la copertina e leggo: Racconto. Adesso vi racconto chi sono e  dove mi porta quella strada. Vi  racconto un racconto. 
Raccontare e godere del racconto sono un bisogno ed un piacere nati con l’uomo.
E mi viene alla mente  un versetto di un midrash ebraico, letto qualche giorno fa, “Dio ha creato gli uomini perché Egli- benedetto sia- adora i racconti”. I bimbi adorano i racconti delle fiabe. Sono rassicuranti. I buoni vincono sempre. Se sei in difficoltà tutto ti viene in auto, gli animali , le piante, una pozione magica. Racconti per educare, spiegare o soltanto godere.
Raccontare è un bisogno e scrivere una compulsione . Non sei tu che  racconti, è il racconto che ti viene incontro. Esce dalle valigie dove è sedimentato e, toc! toc! ti chiede di venir fuori, di dargli vita, di ricordare.  Tirar fuori sistematicamente dal cuore, perché è qui che ha sede la memoria.

Un personalissimo racconto
E mentre ascolto un personalissimo racconto di Delitto e Castigo di Fedor  Dostoevskij ,  giro un’altra pagina e leggo: A mio padre.
Esercito uno dei miei diritti di lettore, il diritto di andare subito all’ultima pagina senza leggere tutto, e  vado alla fine. Sei la mia Stella Polare. Sei unica! Ti amo, Arturo.
Mi dico : è un lungo racconto che narra dell’amore di un figlio per il proprio genitore e di un genitore per il proprio figlio. Sì. La certezza dell’amore incondizionato del padre per il figlio e l’amore certo e incondizionato del figlio per il padre portano  il bimbo a crescere “recando pace e serenità , anche a coloro che soffrono a tal punto da apparire simili ad animali. Così facendo una persona recherà felicità a se stessa e al compagno della propria vita, e, con ciò, anche ai propri genitori. Essa sarà in pace con se stessa e con il mondo” , afferma lo studioso Bruno Bettelheim a proposito della fiaba La Bella e la Bestia. Arturo Anonimo ha trovato la sua stella polare cui dare amore incondizionato e da cui ricevere amore incondizionato. La conclusione  di una bella fiaba. Conclusione, ma non The end, perché la fiaba continua “E vissero per sempre felici e contenti”.
Esercito un altro mio diritto di lettore e “spizzico”. Leggo La guerra,
vado oltre e leggo Scuole elementari 44/45 – 49/50. Vado verso la fine e leggo Estate ’87.
Ecco, ho capito, Aspettando un treno  è la storia di Arturo Anonimo chiusa nelle valigie della copertina e che è risuscita a venir fuori. Faccio un po’ di conti.  E’ la storia di un adolescente. Una storia lineare come sembra suggerire la via dritta che attraversa il paesaggio della copertina. Cerco, ma non ne trovo l’autore.
Devo chiudere il libro. Tra i diritti del lettore non c’è quello di leggere un racconto mentre ne ascolti un altro. Chiudo e ascolto un personalissimo racconto di Delitto e Castigo.

Tante sorprese, qualche conferma
 A casa comincio subito ad immergermi nella lettura. Non riesco ad aspettare l’indomani. Leggo e trovo tante sorprese e qualche conferma.
Il nostro Arturo Anonimo all’inizio e a metà racconto si rivolge direttamente ai suoi due lettori . Topos letterario proprio di tanta narrativa del Novecento che fa del lettore un interlocutore, un personaggio, un co - scrittore.  Non so se avete la forza di continuare a leggere! Se vi interessa, fatevi coraggio. Intanto io devo scrivere.
Sì, scrivere è una compulsione.

I luoghi si salvano dall’oblio
Ed ecco che la microstoria si intreccia con la macro. I primi ricordi:  l’affondamento di un piccolo mercantile dinanzi all’arenile  di Cetraro a cui assiste, lui che non ha che quattro anni e mezzo, da Piazza Umberto I, oggi Piazza del popolo. Altra gente è assiepata dal parapetto del Cannone e osserva le operazioni di guerra. Stanno affondando una nave a Santella, nei presi del torrente San Giacomo. Lì nei pressi c’era uno scoglio che aveva la forma di una testa di lupo “Cozza i lupo” appunto. Adesso lo scoglio non c’è più. E’ stato eliminato quando è stato costruito il porto.
 I luoghi si intrecciano con la storia delle persone, si salvano dall’oblio e acquistano nuovi significati.
La scialuppa di salvataggio degli ospiti della nave silurata da Inglesi o Americani venne usata dagli eredi di Pietro Vattimo che la usavano per le gite Alla Grotta dei Rizzi.


Tanti , tanti racconti nel racconto
Ed ecco che  i racconti nel racconto scivolano giù a cascata.  
Quatrà, salavte i pitticelli! grida don Ferruccio Giordanelli che, quella volta in cui la scialuppa dei Vattimo rischiò di affondare, seguiva con un’altra scialuppa.  Amo e amerò il prossimo mio come me stesso, ma non lo farò sapere mai, mai, mai a nessuno. Mi raccomando i tre mai. Recita la preghiera per trovare a trovatura, il tesoro nascosto nei pressi della Chiesa di Porto Salvo.
Vedere un bimbo di quattro anni ,era, forse, motivo di ricordi, di speranza di tornare a casa, dove lo aspettavano moglie e figli,  per il soldato che, fermo con un autoblindo americano, Dinanzi alla cantina di Francesco Spaccarotella, detto Ciccio ‘i Vampa, solleva il piccolo Arturo Anonimo, lo porta dentro il mezzo militare e gli dona stecche di cioccolato e biscotti.
Gli stivali, quasi fossero inchiodati al pavimento del camion, non si mossero. Sono gli stivali che un giovane della Marina, cerca di buttare giù da un camion degli alleati che  risalendo la penisola, erano costretti a rallentare
Quel giovane ancora corre per sfuggire ai colpi di moschetto schivati come per miracolo. Gli stivali erano di un soldato nero sdraiato nel camion.
C’era un temperino dentro il Dom Pèrignon di cui il concorrente di Lascia o raddoppia? aveva indovinato regione e ditta di produzione, uva, vitigno e annata.  Il racconto brillante e brioso dei quiz e degli sceneggiati televisivi alle compagne ospiti del Ritiro, dove non c’era la TV.
 E poi il racconto esilarante dei cinque aglieri, il racconto della nascita della fabbrica Faini a Cetraro, grazie ad una interruzione della ferrovia …
Tanti , tanti racconti nel racconto.
Racconti infarciti di dotte citazione letterarie e riflessioni filosofiche. “ Con queste bellezze tu adorna il tuo spirito, e ricco di vena copiosa riverserai dal tuo petto ispirate parole” (Edoardo Sanguineti, Il giuoco del Satyricon)

Tra i banchi di scuola
Grazie al registro- diario si sono salvati dall’oblio tanti ricordi legati alla vita scolastica , il perno attorno a cui ruota la sua vita.
Successi, insuccessi,  fortuna sfacciata e grandi delusioni, ingiustizie, un anno scolastico sacrificato sull’altare dell’utilitarismo sulla pelle delle persone, ma anche grandi soddisfazioni.
Tanti i volti  dei compagni, degli insegnanti. Tante peripezie. Sempre seguito dalla cura del padre, la sua prima stella polare.

A mio padre
Il padre ,che è guida adulta e modello di riferimento, prende per mano lui adolescente  e fa il suo stesso cammino. Un padre che non ha rinunciato a una visione della vita ‘da adulto’ fatta di affidabilità, di scelte, di motivazione, di impegno fino al sacrificio, di senso di responsabilità.”
Non ha abdicato alla sua genitorialità. Amabile, lui, che giovanissimo ha perduto il padre, guida con acume e intelligenza il figlio. Modello di riferimento capace di trasmettere valori importanti da cui non si può prescindere, soprattutto oggi che viviamo in una società che sembra aver smarrito l’orientamento.
Un padre che attiva tutte le risorse per soddisfare al meglio le esigenze della sua famiglia, che gli insegna a pensare con la sua testa, che educa anche con un gesto. Gesto che non dimentichi più e che vale più di mille parole. Un padre che anche in punto di morte parlava dei comportamenti dell’uomo.

Si accendono i primi  amori
Gilda , Aida……. L’incanto dei primi amori vissuti con profonda intensità. Gilda, la sartina,  Aida, la compagna di classe che gli era indifferente, ma che  all’improvviso diventa l’unico viso che desidera vedere e il cuore  batte all’impazzata  e l’emozione e i sogni turbano il sonno. E l’immagine della ragazza che ami in atteggiamento meditativo, sembra un segno di speranza e la notte passa fantasticando.
Ma l’intenso sentimento di Arturo Anonimo non è corrisposto. Soffri, sii infelice e sarai grande, dice a se stesso, mettendo insieme due aforismi uno di Manzoni, l’altro Leopardi. La delusione è cocente,  la sofferenza vera, ma egli accetta la realtà e la sofferenza lo aiuta a crescere.

Una Rosa senza spine
Sul rifiuto di Aida  nasce l’amore per la donna della sua vita, una Rosa senza spine stella di riferimento nella rotta di questa difficile mia navigazione.
Attendeva con ansia il nostro Arturo Anonimo il  ritorno dal Collego di Maratea  la Rosa senza spine che lo aveva addomesticato.
“Che cosa vuol dire ‘addomesticare’?”, chiede il piccolo principe alla volpe … addomesticare  vuol dire creare dei legami”.
“La mia vita è monotona …. E io mi annoio perciò. Ma se tu mi addomestichi, la mia vita sarà come illuminata. Conoscerò un rumore di passi che sarà diverso da tutti gli altri …. I campi di grano non mi ricordano nulla. Ma tu hai i capelli color dell’oro. Allora sarà meraviglioso quando mi avari addomesticata. Il grano che è dorato mi farà pensare a te. E amerò il rumore del vento nel grano”….
Arturo Anonimo ha coltivato con riserbo, nel giardino del suo cuore, in un angolo … un piccolo fiore, una Rosa, la più bella…
“Se qualcuno ama un fiore, di cui esiste un solo esemplare in milioni e milioni di stelle, questo basta a farlo felice quando lo guarda”.
E’ la sua Stella polare.
Rosa Randazzo

martedì 20 novembre 2018

Caffè letterario. Settima edizione


Un percorso interpretativo che ha evidenziato i tratti distintivi del romanzo Delitto e castigo di Fedor Dostoevskij, con la sottolineatura di tematiche di bruciante attualità: liberalismo e sovranismo, giustizialismo e garantismo, pentimento e resurrezione.
Lungo questo filo conduttore si è svolta la conversazione letteraria di Gaetano Bencivinni, che ha proposto una lettura del testo dello scrittore russo con l’attenzione rivolta alle questioni più attuali e dibattute nel mondo contemporaneo.
L’evento, organizzato dal Centro Sociale Anziani di Cetraro, è stato coordinato da Vittoria Colistra, vicepresidente dell’associazione.
Rilevante la partecipazione del pubblico.
Il primo cittadino Angelo Aita ha colto l’occasione per sollevare un quesito di particolare attualità legato alla nota vicenda del sindaco di Riace Domenico Lucano: sino a che punto il rispetto delle regole può costituire un limite invalicabile per chi è proiettato verso la realizzazione del bene comune?
Puntuale è arrivata la risposta da parte del giudice di pace Elisabetta Pelaia, che ha ribadito la necessità di rispettare le regole sempre e comunque, se non si vuole precipitare nel baratro dell’arbitrio.
Il giornalista Gigi Lupo ha riproposto la questione dell’immigrazione e ha ribadito la necessità di percorrere la via maestra dell’integrazione, da perseguire con determinazione in considerazione del fatto che la contaminazione delle culture è decisiva per agevolare il processo di crescita sociale e culturale di ogni comunità.
Il consigliere regionale Giuseppe Aieta ha preannunciato che a breve illustrerà la legge su L’invecchiamento attivo già approvata dalla Regione Calabria.
Il responsabile di Area democratica Pino Losardo ha sottolineato con forza la necessità di ribadire la centralità dei principi e dei valori di solidarietà  intorno a cui costruire rapporti sociali costruttivi, basati sul reciproco rispetto.
La prossima serata del Caffè Letterario si terrà il 26 novembre prossimo con il critico d’arte calabrese Carlo Andreoli, che illustrerà il tema Palazzi e gente di Cetraro.

giovedì 15 novembre 2018

Letteratura, criminalità e delitti mafiosi al Caffè letterario



Apre i battenti   la settima edizione del Caffè letterario, organizzato dal Centro sociale anziani di Cetraro. Il delitto costituisce il filo conduttore delle conversazioni letterarie che saranno coordinate da Gaetano Bencivinni e che riguardano i romanzi “Delitto e castigo” di Fëdor Dostoevskij e “A ciascuno il suo” di Leonardo Sciascia.  Il primo appuntamento è fissato per il 19 novembre prossimo, alle ore 18, nella sede del Centro, la serata conclusiva si svolgerà il 3 dicembre.  Il Caffè letterario ospiterà il 26 novembre il critico d’arte Carlo Andreoli che tratterà il tema “Palazzi e gente di Cetraro”. Il tema del delitto è di bruciante attualità in una regione come la Calabria, pesantemente segnata dai tanti atti malavitosi prodotti dall’azione devastante della ‘ndrangheta. Il Caffe letterario sarà l’occasione per riflettere sulle motivazioni che spingono al delitto e sul contesto socio- culturale in cui avvengono i delitti mafiosi. In questa ottica, Bencivinni farà un’analisi dei contesti sociali in cui i fenomeni malavitosi si diffondono, con i riflettori accesi sul contesto culturale siciliano in cui avvengono i delitti mafiosi che attraversano la narrazione del romanzo di Sciascia “A ciascuno il suo”. Una tematica che consentirà anche di puntare il dito sulle tante violazioni di regole che purtroppo caratterizzano la Calabria, il Tirreno cosentino e a città di Cetraro. Sono previsti conversazioni letterarie che saranno animate dalla scelta interattiva che caratterizza l’evento del Caffe letterario, aperto agli interventi a dei partecipanti.
Gazzetta del Sud, 13 novembre.
                                                                                                            Tiziana Ruffo

martedì 6 novembre 2018

Un tuffo tra raffinate suggestioni


Un intellettuale di Cetraro a Bologna si muove tra le pieghe dell’anima dell’ultimo Vicario benedettino

Una rete di suggestioni teologiche, storiche, filosofiche, lascia intravedere tra le sue maglie la storia dell’ultimo  Vicario benedettino e la vita di un  feudo  del Sacro Monastero negli anni a cavallo tra il XVIII ed il XIX secolo.
Il Vicario si pone le domande dell’uomo di sempre, arrovellato dalla paura della morte: cosa dopo la morte? Qual è, dove è la verità? La realtà è oggettivamente percepibile o è solo illusione? Come estirpare il dolore? La scrittura, l’arte, hanno funzione catartica come la tragedia greca?
Questi gli interrogativi del romanzo di Enzo Pellegrino Come un’ombra d’amore. Memorie dell’ultimo vicario.

Scrittura e arte come catarsi

No! Al nostro Vicario non serve la scrittura per fugare angosce e fantasmi che  lo tormentano tutte le notti. Il fantasma di Marta, la donna amata nella giovinezza, i dubbi della fede, il desiderio di morte come muore una mosca nella soffice coltre di ragnatela.
Nel caos del mondo non riesce ad usare la penna come un bisturi per estirpare il grumo angoscioso che lo soffoca.
A fare chiarezza in se stesso, a purificarsi non serve neppure l’arte al nostro vicario. La copia del Cristo crocefisso di Grunewald, figura pustolosa e sanguinante, urlante, contorta come un tronco d’albero divelto dalla bufera, non lo purifica dagli stati emotivi che lo opprimono.
Consumatum est. Anche per me questa lenta agonia di residua esistenza : dilagante tramonto che dispera nell’alba.
No, il nostro vicario, chiuso nel cerchio di se stesso, non coglie il senso della croce, segno di vita e speranza di salvezza  e invito a prendere su di sé la croce della propria vita. Non può cogliere il messaggio della croce di Cristo perché non riesce ad accettare se stesso, il negativo che c’è dentro di sé, la sua ombra, gli aspetti  della natura istintiva, che non ha vissuto perché incompatibili con la vita che  ha scelto.
 L’ombra non riconosciuta e accettata lo minaccia, non è fonte di nuova energia.
Trasferire sulla tela l’ansia del cuore ha solo una volta tacitato le voci , suo tormento notturno. 

Un po’ come fra’ Tommaso

Illuminante l’immagine finale de Il visconte dimezzato di Italo Calvino. Il Buono e il Gramo, le due metà  separate di Medardo Visconte di Terralba, diviso in due in una guerra contro i turchi,   lottano all’ultimo sangue e, quando il loro sangue si mescola, e il dottor Trelawney fa di due un corpo solo, continuano a lottare tra la vita e la morte, ma infine diventano “un uomo intero , né cattivo né buono , un miscuglio di cattiveria e bontà, cioè apparentemente non dissimile da quello ch’era prima di esser dimezzato. Ma aveva l’esperienza dell’una e dell’altra metà rifuse insieme, perciò doveva essere ben saggio.”
Un uomo intero, capace di forti passioni, di lottare per ciò in cui crede e  che ama, che ha individuato il proprio progetto di vita e lo segue, che talvolta tentenna, ma va fino in fondo.
Un po’ come fra Tommaso, mingherlino e allampanato fraticello di Sceuza che quando tuona dal pulpito, anche le colonne dell’abside tremano e gli animi dei bifolchi s’infiammano. La proprietà è un furto, la ricchezza causa di malcostume,  tuona dal pulpito  il meschinello . I frutti son di tutti e la terra di nessuno.
Di lui il vicario invidia la determinazione e la vis oratoria. A fronte dei dubbi che l’affliggono credere in un progetto, ancorarsi a una idea, così, senza il tarlo del dubbio, nutrire una passione forte, avere uno scopo preciso, insomma qualcosa per cui valga la pena combattere rischiare tutto, persino la vita … Come avrebbe dovuto fare con Marta l’amore della sua giovinezza , tormento e rimorso  della sua esistenza. … E predicare dal pulpito verità e certezze.

Ma la verità dov’è, cos’è? 

Ma la verità dov’è, cos’è?  chiede a padre Norbert, un pozzo di saggezza,  che parla per metafore e parabole e legge i libri proibiti che vengono dalla Germania.
E’ una questione di punti di vista, risponde. Non esiste la verità, ma tante verità . Strano modo di risolvere il problema da parte di un monaco cristiano!
E’ la risposta di un filosofo, ma filosofia e religione  possono camminare  insieme, ma ad  un certo punto le loro strade si separano. La religione va oltre, propone sempre un messaggio ed un itinerario di salvezza  che coinvolgono tutta la vita dell’uomo.
Non possono stare insieme il filosofo e l’apostolo. L’apostolo non può accettare che ci sia il nulla dopo la morte.
 L’apostolo Paolo,  accanito e crudele persecutore dei cristiani,  è tra coloro che approvano l’uccisione di Stefano il quale , prima di morire, ripercorre la storia della salvezza  con le parole della Legge e dei profeti, e  Saulo non resiste alla sua sapienza ispirata.
“Dio vi farà sorgere un profeta tra i vostri fratelli, al pari di me… I vostri padri uccisero quelli che preannunciavano la venuta del Giusto, del quale voi ora siete divenuti traditori e uccisori” ( At 7) .
Nell’andare a Gerusalemme, dove conduce  in catene uomini e donne cristiani, sulla via di Damasco  lo avvolge una Luce dal cielo, cade a terra insieme a tutte le sue certezze. Reso umile, può finalmente ascoltare  la voce di Gesù. E’ disorientato. Non è facile assistere al crollo di tutte le sue certezze. Rimane tre giorni senza vedere e senza prendere cibo né bevanda. E’ in lotta. Finalmente ancora l’intervento dall’Alto fa cadere le squame  dagli occhi. Vede, risorge a nuova vita,rilegge la Scrittura alla luce della risurrezione e  proclama e annuncia: Gesù è figlio di Dio. “A noi è stata mandata questa parola di salvezza … la promessa fatta ai nostri padri è compiuta” ( At 13).
Ma il relativismo non può acquietare  i dubbi e gli interrogativi del Vicario. Il nostro Vicario  dispera nell’alba. C’è un altrove o l’assoluto nulla? Il dubbio continua a roderlo come un tarlo.  Il nulla o una soffice ragnatela in cui abbandonarsi  fiducioso? Per Artù, il cavallo tanto amato,  scrive questa lapide Bestia generosa e fiera, risucchiata nella ragnatela a dispetto del Nulla …
 Strappare il velo di Maya che incanta e inganna, potrebbe portare il vicario alla conoscenza del vero mondo, occultato da un velo, e strappare così il dolore.

La vita del feudo

Solo l’affaccendarsi per  il governo del feudo allontana di giorno i fantasmi e l’aiuta a vedere se stesso e il mondo intero per quello che realmente siamo: un groviglio di intrighi e di anime perse, senza speranza di salvezza, senza un briciolo di verità.
Briganti nelle campagne, un vascello pirata alla punta del capo, due morti ammazzati alla Mortella, clerici vagantes, che insufflano eresie, tasse da riscuotere e processi da istruire de stupro et raptu o propter impotentiam coeundi … confratelli inaffidabili e litigiosi , servi nell’animo, figli cadetti in cerca di un beneficio e qualche masnadiero convertitosi all’uopo per sfuggire alla giustizia regia …
Ma ciò non rende conto della vita che qui realmente si è svolta e ancora si svolge nel feudo:  tanti mastri artigiani, funari e canapari, carpentieri e forgiari, muratori, scarpari, marinai e pescatori. E anche mastri trattori che dal bozzolo ricavano la seta, portata poi con le tartane alle soavi maestà d’altri regni.

L’abominio della Croce

Gli interrogativi del Vicario, non si fermano. Perché  l’abominio del sangue innocentemente versato?
La risposta è nella Croce suggerisce l’anacoreta. Il Crocifisso verrà glorificato. Questa l’incrollabile fiducia del credente in Dio che alla fine dei tempi “tergerà ogni lacrima dai loro occhi; non ci sarà più la morte, né lutto, né lamento, né affanno, perché tutte le cose di prima sono passate” (Ap 21, 3s).

L’irruzione della Storia nel feudo

Ma ecco  che la storia irrompe nella vita del feudo del Sacro Monastero e lo scardina: gli echi del pensiero illuminista, la  rivoluzione del’99, la carneficina dell’esercito della Santa Fede,  poi  i moti per ottenere la costituzione o l’indipendenza …
Saranno le iene e gli sciacalli, sedicenti rivoluzionari, ad affondare gli artigli nelle terre del Sacro e Regio Monastero, pensa il Vicario.
Sciacalli, lupi famelici … Si spacciano per rivoluzionari, si fanno chiamare costituzionalisti o repubblicani o monarchici, non si sa bene, ma sono soltanto iene e sciacalli. Gli fa eco fra’ Tommaso.
Anche voi.. ribatte il Vicario. Io parlavo di pane e giustizia, di terra e libertà, che sono cose concrete …

Il fantasma di Marta

Intanto nella vita del Vicario sembra materializzarsi il fantasma di Marta nelle vesti di Giulia, la figlia,  che tanto gli somiglia.
Mio vecchio Vicario, quando aprirete questa busta, forse io non sarò più …  Lo scritto di Marta lo mette faccia a faccia con l’ombra che aveva così bene occultata dentro di sé: indolente, pigro, obbediente solo a se stesso, incapace di assumersi troppe responsabilità, sempre pronto  a camuffare con astuzia, gabellando per dubbio ciò che era solo pigrizia.
Le lettere ingiallite di Marta disegnano la parabola discendente dell’ultimo Vicario. Prima carismatico predicatore di speranze e resurrezioni, poi confessore insofferente e indifferente dispensiere di assoluzioni rapide e penitenze lievi, infine predicatore del Nulla.
La vita, una conchiglia vuota fatta di solitudine,…  un triste sentiero di cipressi nebbiosi, inutili giavellotti con la pretesa di bucare il cielo costretti nel soffocante abbraccio della terra. Sembra fargli eco Marta in una lettera ingiallita.

Come in un palcoscenico

Le elucubrazioni del vicario prendono corpo e irrompono davanti a lui come in un palcoscenico.
Il peripatetico, che discetta sulla sofferenza del Cristo sulla croce. Se noi crediamo in un Dio Uno e Trino, allora sulla croce ha sofferto ed è  morto Dio stesso. Questa concezione, che  è stata condannata dalla Chiesa,  arrovella la sua mente. “ No sulla croce, non è morto Dio stesso, il Padre , afferma il teologo svizzero Hans Kung,  ma il Messia e il Cristo di Dio,l’Immagine, la Parola e il Figlio di Dio”. Il Figlio di Dio”fu crocifisso nella sua debolezza, ma vive per la potenze di Dio”(2Cor 13,4).  Di fronte al dolore  dell’innocente,  Kung suggerisce la teologia del silenzio e cita  “la lapidaria parola della Scrittura che chiude il racconto della morte dei due figli di Aronne uccisi dal fuoco di Dio: “E Aronne tacque”( Lv 10, 3).
 Il rappresentante dei santi che ha nel suo catalogo non il San Benedetto con mitria e pastorale simboli di una Chiesa trionfante, legata al potere e potere essa stessa, ma un vecchio calvo, penitente, con barba lunghissima, scavato in volto.

Epilogo

Nell’epilogo della sua vita l’ultimo Vicario intesse un ultimo dialogo con Marta :la paura, il rimpianto per la vita sprecata  e i fantasmi che lo attanagliano di notte. La difesa? Convivere con la propria ombra, suggerisce Marta.  Il fantasma di Marta sparisce e il Vicario recita le parole dell’apostolo “Senza la misericordia di un Dio, nessuno si riscatta dal suo passato”.
Con una preghiera al Dio  onnipotente, clemente, misericorde si conclude la vicenda terrena dell’ultimo Vicario. Che gli sia vicino, gli sia compagno nella solitudine di cui la morte si avvolge.

                                                                                             Rosa Randazzo