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domenica 17 giugno 2018

Premio Losardo. Il messaggio di Raffaele Losardo


Caro Gaetano,

ho lavorato intensamente fino a pochi minuti fa e, come ti avevo anticipato, per via di questi miei gravosi impegni di lavoro, non ancora portati a conclusione, non mi è possibile intervenire personalmente alla manifestazione del sedicesimo “Premio Losardo”, alla quale mi avevi, come sempre, cortesemente e amabilmente invitato.

Non rinuncerò a farti avere, come da tua richiesta e come ti ho promesso, almeno un mio messaggio di saluto ai presenti.

Ai quali risparmierò di rivolgere un pesante e lungo “sermone” (e non avrei neppure titolo per farlo), cosicché esonererò anche te dal dover intervenire (in punta di forbice o, peggio ancora, a colpi d'accetta), per riportare la lettura che vorrai dare delle mie esternazioni entro dimensioni accettabili ed adeguate ai tempi della serata da te organizzata.

Oltretutto credo che in generale non sia tempo di “sermoni”, ma è tempo di iniziative e manifestazioni concrete.

Permettimi allora di chiedere al tuo pubblico di alzarsi in piedi e di rivolgere un pensiero di commossa solidarietà ai familiari del giovane sindacalista Soumayla Sacko, venuto dal Mali per lavorare nelle nostre campagne e ammazzato a colpi di fucile, mentre stava aiutando suoi compagni di lavoro a vivere in maniera appena decente! Permettimi, ancora, di esprimere la mia solidarietà al sindaco di Riace, Mimmo Lucano “Capatosta”, che sebbene inquisito continua ad occuparsi dei migranti, con iniziative meritorie di accoglienza ed integrazione, che hanno contrastato sul piano concreto le 'ndrine che in Calabria si arricchiscono sulle loro spalle! Permettimi di dire che non comprendo perché ci si dilanii tra alcuni che dicono che bisogna accogliere degnamente le centinaia di persone, che fuggono dalla disperazione delle guerre (alcune delle quali foraggiate anche da noi o sostenute dalla nostra industria bellica) e della miseria (di cui sono responsabili anche le politiche predatorie di alcune aziende “made in italy”), altri che sostengono che invece occorre aiutare i migranti a casa loro ed altri ancora che dicono che i migrati che arrivano devono essere equamente distribuiti tra tutti i paesi dell'Unione europea.

 Né comprendo perché si disputi tra chi giustamente teme che la gente che arriva nei barconi sia abbandonata a se stessa o risospinta nei lager libici dai quali fugge e chi altrettanto giustamente dice che bisogna combattere i criminali scafisti, che lucrano sul traffico dei migranti;  o ancora tra chi invoca la mano pesante nei confronti degli approfittatori (tipo “mafia capitale”, per intenderci) e vuole fare fuori le false ong che operano come vicescafisti e chi vuole che sia data una mano a quelle benemerite organizzazioni, che aiutano ogni giorno a salvare vite umane. Perché su queste cose ci si divide, invece di assumerle come obiettivi di una unica politica, tesa ad assicurare la vita e la dignità di tutti?

Permettimi infine (e chiudo davvero) di chiedermi anche - in queste ore nelle quali la nave Aquarius è ancora in navigazione in attesa di sbarcare in un porto sicuro il suo carico di sofferenze – perché mai dobbiamo assistere in questa vecchissima Europa al rimpallo delle responsabilità e delle accuse reciproche tra i vari premier di stati e nazioni (Italia, Malta, Francia, Spagna, Austria, Germania, Ungheria e via dicendo), senza che a nessuno venga in mente di rialzare come una bandiera il grido di sdegno con il quale Don Milani, rivolgendosi ai cappellani militari, esecrava i nazionalismi: <<Se voi però avete diritto di dividere il mondo in italiani e stranieri allora vi dirò che, nel vostro senso, io non ho Patria e reclamo il diritto di dividere il mondo in diseredati e oppressi da un lato, privilegiati e oppressori dall'altro. Gli uni son la mia Patria, gli altri i miei stranieri.>>
A tutti un caro saluto.
                                   Raffaele Losardo

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