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sabato 25 gennaio 2014

Primo Levi e il canto di Ulisse

Una zuppa di cavoli e rape attende Levi e il piccolo amico alsaziano. Un’ora di strada li separa dalla meta. È tardi: ogni attimo va vissuto intensamente.
Il canto di Ulisse, rimasticato tra buchi di memoria e spezzoni di versi, li accompagna nell’orrido sentiero del campo di Auschwitz.
Una lingua di fuoco barbaglia parole tremende nell’oceano dell’odio, che tutto sommerge.
Spingersi oltre la frontiera, varcare le colonne d’Ercole, attendere il lampo che squarcia la nave nel mare aperto dove tutto si perde.
Aprite le orecchie e la mente: fatti non foste per vivere come bruti, ma per seguir virtute e conoscenza.
Parole dense di significato, che perdono il senso nella palude infernale del lager polacco.
Per non dimenticare, c’è da chiedersi Se questo è un uomo, se la palude è scomparsa, se la nave riaffiora e riprende il suo corso.


di Gaetano Bencivinni

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