Una zuppa di cavoli e rape attende Levi
e il piccolo amico alsaziano. Un’ora di strada li separa dalla meta. È tardi:
ogni attimo va vissuto intensamente.
Il canto di Ulisse, rimasticato tra
buchi di memoria e spezzoni di versi, li accompagna nell’orrido sentiero del
campo di Auschwitz.
Una lingua di fuoco barbaglia parole
tremende nell’oceano dell’odio, che tutto sommerge.
Spingersi oltre la frontiera, varcare le
colonne d’Ercole, attendere il lampo che squarcia la nave nel mare aperto dove
tutto si perde.
Aprite le orecchie e la mente: fatti non
foste per vivere come bruti, ma per seguir virtute e conoscenza.
Parole dense di significato, che perdono
il senso nella palude infernale del lager polacco.
Per non dimenticare, c’è da chiedersi Se
questo è un uomo, se la palude è scomparsa, se la nave riaffiora e riprende il
suo corso.
di Gaetano Bencivinni
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