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venerdì 21 novembre 2014

Il ritorno a casa di Anguilla

Il ritorno a casa è un classico nel panorama letterario mondiale. Basti pensare al ritorno di Ulisse ad Itaca nel poema omerico.
La casa, come guscio protettivo, assume una pluralità di significati nella produzione letteraria di tanti scrittori. Tetto e patria in Ugo Foscolo, nido in Giovanni Pascoli, tana e richiamo della foresta con il canto del branco in Jack London, rifugio e fuga dal mondo nel romanzo La casa in collina di Cesare Pavese.
In questa cornice letteraria si colloca il romanzo La luna e i falò di Pavese con il ritorno a casa di Anguilla, un bastardo contadinello, emigrato dal Piemonte in America per fare fortuna.
Anguilla, ormai benestante e maturo, rivede con gli occhi del mondo le valli, le colline, le viti, i poderi, le vecchie cascine contadine, i luoghi in cui ha vissuto la giovinezza tra stenti e miserie, ammirando con spirito servile le padroncine Irene, Silvia e Santa, considerate per lui inarrivabili.
Il nucleo teorico del romanzo è caratterizzato dalla dialettica tra la luna, simbolo della regolarità ciclica delle stagioni e dell’immobilismo del tempo, tipici della cultura contadina, e i falò, simbolo della Storia, dei cambiamenti, delle trasformazioni, delle distruzioni, che modificano i luoghi, le cose e i rapporti tra le persone.
La narrazione procede attraverso un duplice punto di vista: quello di Anguilla, che riscopre le radici nel paese e quello dell’amico falegname Nuto, rimasto sempre in paese, che crede ancora nella luna e che ha vissuto la tragica esperienza della guerra civile tra fascisti e partigiani.
Tra memorie e situazioni attuali si avvia un circuito virtuoso, che consente ad Anguilla di scoprire la bussola che sinora lo ha guidato nel viaggio della sua vita. Una bussola fatta di odori, sapori, colori, suoni, superstizioni, che ha portato sempre con sé, appiccicati alla pelle.


Gaetano Bencivinni

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