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venerdì 1 gennaio 2016

Il silenzio di Marianna Ucrìa

L’influenza di Hume, il silenzio delle donne, la Sicilia come mito sono i punti salienti del romanzo di Dacia Maraini La lunga vita di Marianna Ucrìa.

L’influenza di Hume

Un primo aspetto è quello che nel 18° capitolo di La lunga vita di Marianna Ucrìa l’autrice affronta a proposito del rapporto con il filosofo Hume. Lì c’è proprio la chiave filosofico- interpretativa che sta alla base di una concezione complessiva che traspare attraverso tutti i romanzi dell’autrice. Lì è chiaramente evidenziata la convinzione che il nostro io sia un aggregato di impressioni, una massa appercettiva che si forma attraverso una serie di esperienze che noi portiamo sin dall’infanzia e che dà vita alla nostra personalità, che diventa anche soggettività, memoria, ricordo, capacità di verificare impressioni collegate tra loro da una connessione oggettiva regolare scientificamente controllabile.

Come è noto, Hume è un filosofo scettico, che individua la coerenza interpretativa dell’esterno attraverso la nostra interiorità.

Si tratta di una specifica funzione ideologica che ciascuno di noi svolge, attraverso una categoria che è dentro di noi e che ci consente di leggere e di interpretare la realtà circostante, trasfigurandola, interpretandola alla luce della nostra specifica massa appercettiva.

Questa categoria interiore è l’abitudine, che diventa credenza, convenzione, residuo rigido, che chiude e impedisce la nostra compiuta realizzazione, ma che allo stesso tempo può essere il filtro che ci consente di rileggere e di rivedere attraverso questi fasci di appercezione, che costituiscono la nostra personalità.

Credo che questo libro, scoperto per caso da Marianna Ucrìa in biblioteca, lasciatole lì da un amico, un certo Grass, possa essere importante per capire come questo personaggio del ‘700, particolarmente moderno, viva drammaticamente il problema del femminismo, del ruolo della donna nella società.

Ci troviamo in presenza di un personaggio sordomuto, che ha avuto tale menomazione a causa della violenza carnale subita da parte dello zio Pietro, a cui poi viene data in sposa all’età di tredici anni dal padre, risolvendo così la questione tra uomini. Di queste vicende infatti non bisognava parlare e non bisognava fare scandalo, secondo una buona tradizione della cultura siciliana.

Il silenzio delle donne

Il mutismo di Marianna Ucrìa può essere interpretato simbolicamente come il silenzio della donna che reagisce così rispetto al dominio, rispetto alla cultura dominante, caratterizzata dal maschilismo che interpreta il rapporto con la donna, assegnandole un ruolo di subordinazione. La condizione di Marianna, in quanto donna, è quella di dover subire le prepotenze dell’uomo a partire dalla stessa sessualità che ella vive in modo drammatico per tutta la vita, dalla violenza subita a sei anni fino ad arrivare al rapporto con il marito che ella definisce una specie di castigo di Dio, una sorta di sofferenza, un prezzo che ogni donna deve pagare.

Si apre una nuova problematica nel momento in cui Marianna Ucrìa scopre l’amore. Lo scopre in seguito ad un rapporto con un ragazzo selvatico, Saro, rispetto a cui ha subito un certo fascino da sempre.

Questa è una pagina bellissima descritta con grandissima abilità, ma anche con una grandissima sensibilità. Con questo rapporto in Marianna Ucrìa sboccia un amore autentico. Nel momento in cui lei scopre l’amore diventa da muta per forza, muta per scelta, perché comincia ad orientare la sua vita in modo totalmente libero.

Ella acquista il coraggio anche per sfidare le convenzioni che hanno rappresentato e rappresentano per lei un vicolo stretto rispetto a cui ha reagito. Il suo è l’atteggiamento di chi usa l’essere muta come una protezione aggiuntiva per potersi ritagliare un suo spazio, un suo cantuccio, in polemica con il convenzionalismo dominante.

Credo che questa sia una tematica interessante perché ci dà la visione della donna nella contemporaneità.

Anche nel romanzo Bagheria questa tematica ritorna. Dalla protagonista Marianna Ucrìa, si passa alla protagonista Dacia Maraini nel senso che Bagheria è un libro autobiografico che mette in evidenza questa straordinaria sensibilità della donna in quanto donna, questa capacità di leggere la realtà circostante attraverso quel fascio di impressioni di cui parlavo prima, che costituisce la nostra personalità rispetto a cui le esperienze drammatiche, il sentimento tragico che deriva dall’aver subito violenza, costituiscono una delle tecniche che sta alla base della trasfigurazione artistica della Maraini.

La Sicilia come mito

Nel suo linguaggio è presente una ricchezza descrittiva dei particolari, che potrebbe far pensare ad un realismo, ma che in realtà dà alla fine un risultato mitico in cui giocano un ruolo importante Bagheria e l’infanzia. Tutto ciò costituisce l’aspetto mitico della Sicilia che credo saldi la produzione letteraria della Maraini con la tradizione siciliana da Verga a Pirandello, a Sciascia. Questo filone pone il problema del rapporto dello scrittore siciliano che guarda la Sicilia da fuori. Il problema che si pone è: questa Sicilia è la Sicilia che realmente è, o è una Sicilia mitizzata che assume le connotazioni, le caratteristiche di questa rilettura trasfigurata che passa attraverso un’esperienza soggettiva in cui il mito Sicilia e infanzia s’identificano?

In alcune pagine di Bagheria ho individuato una sorta di messaggio, anche politico, forte, nel momento in cui c’è una descrizione minuziosa e attenta di come la mafia, con il processo di urbanizzazione selvaggio, abbia finito con lo snaturare, deformare e distruggere un patrimonio artistico come le famose ville di Bagheria tra cui villa Valguarnera.

Anch’essa viene descritta, secondo la mia lettura, con una ricchezza di dettagli, di particolari e con una sensibilità che richiama il modo personale della Maraini di “rileggere”, di rivedere i luoghi della propria infanzia in cui sogno e realtà si mescolano, in cui ogni particolare assume un valore simbolico.

Ritengo che le tematiche presenti nella produzione letteraria della Maraini siano anche altre, ma ho voluto sottolineare queste che mi sembravano gli aspetti più significativi e più forti.

Una scrittrice impegnata

Anche nel romanzo Bagheria questa tematica ritorna. Dalla protagonista Marianna Ucrìa, si passa alla protagonista Dacia Maraini nel senso che Bagheria è un libro autobiografico che mette in evidenza questa straordinaria sensibilità della donna in quanto donna, questa capacità di leggere la realtà circostante attraverso quel fascio di impressioni di cui parlavo prima, che costituisce la nostra personalità rispetto a cui le esperienze drammatiche, il sentimento tragico che deriva dall’aver subito violenza, costituisce una delle tecniche che sta alla base della trasfigurazione artistica della Maraini.

Credo che nel suo linguaggio sia presente una ricchezza descrittiva dei particolari, che potrebbero far pensare ad un realismo, ma che in realtà danno alla fine un risultato mitico in cui giocano un ruolo importante Bagheria e l’infanzia. Tutto ciò costituisce l’aspetto mitico della Sicilia che credo saldi la produzione letteraria della Maraini con la tradizione siciliana da Verga a Pirandello, a Sciascia. Questo filone pone il problema del rapporto dello scrittore siciliano che guarda la Sicilia da fuori. Il problema che si pone è: questa Sicilia è la Sicilia che realmente è, o è una Sicilia mitizzata che assume le connotazioni, le caratteristiche di questa rilettura trasfigurata che passa attraverso un’esperienza soggettiva in cui il mito Sicilia e infanzia s’identificano?

In alcune pagine di Bagheria ho individuato una sorta di messaggio, anche politico, forte, nel momento in cui c’è una descrizione minuziosa e attenta di come la mafia, con il processo di urbanizzazione selvaggio, abbia finito con lo snaturare, deformare e distruggere un patrimonio artistico come le famose ville di Bagheria tra cui villa Valguarnera. Anch’essa viene descritta, secondo la mia lettura, con una ricchezza di dettagli, di particolari e con una sensibilità che richiama il modo personale della Maraini di “rileggere”, di rivedere i luoghi della propria infanzia in cui sogno e realtà si mescolano, in cui ogni particolare assume un valore simbolico.

Ritengo che le tematiche presenti nella produzione letteraria della Maraini siano anche altre, ma ho voluto sottolineare queste che mi sembravano gli aspetti più significativi e più forti.

 Gaetano Bencivinni


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