Fedor Michajlovic Dostoevskij nasce a Mosca il 30 ottobre
1821,secondogenito di un medico militare
discendente da un’antica famiglia
nobiliare lituana, la madre proviene da
una famiglia di mercanti moscoviti: abitano nell’ospedale per poveri, dove il padre svolge la sua
professione. Il piccolo Fedor cresce nell’atmosfera cupa dell’ospedale e gia’
da allora deve confrontarsi con quelle immagini di spietata miseria che poi
avrebbero svolto un ruolo importante nella maggior parte dei suoi racconti e
romanzi. Dostoevskij ( alla pari di altri classici ) continua a presentarsi al lettore moderno con quella capacita’di
coinvolgimento (infatti io sto scrivendo questi appunti, perche’ mi sento molto
coinvolta ), che e’ propria dei migliori contemporanei : la sua opera
infatti investe una problematica morale
sempre viva e direttamente legata al dramma ideologico del nostro tempo. A cio’
contribuisce, certamente, anche la sconcertante e affascinante
contraddittorieta’ della sua figura di uomo e scrittore, variamente riflessa
nei lavori dei suoi molti critici e biografi. L’immagine piu’ verificata resta
quella di un Dostoevskij come punto fermo della storia letteraria col quale i
maggiori scrittori venuti dopo di lui hanno dovuto fare i conti: Nietzsche lo
considerava il solo che gli avesse insegnato qualcosa, Kafka si rivela (nei diari e nelle lettere) come un suo
appassionato lettore, Thomas Mann, Stefan Zweig, Andre’ Gide, Albert Camus e
altri gli hanno dedicato saggi e riflessioni. Capostipite della critica
dostoevskijana fu Vissarion Belinskij (1811-1848 ), che, subito dopo
l’apparizione di “Povera gente”,
dichiaro’ al poeta Nekrasov: “Un simile capolavoro puo’ essere scritto, a 25
anni, solo da un genio, che con la forza
della comprensione ha percepito in un attimo quel che un uomo normale raggiunge con l’esperienza di molti
anni”.
Marietta Gallo
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