Lo scrittore e saggista Vincenzo Consolo nel suo volume Di qua dal faro dedica pagine significative all’arte pittorica di Renato Guttuso.
L’autore sottolinea i tratti distintivi del realismo, che
attraversa la produzione artistica del pittore bagherese, formatosi nel
decennio tra il 1920 e il 1930 in cui le grandi questioni sociali, che hanno
fatto seguito alla Grande Guerra, tenevano banco nel dibattito politico e
sociale italiano.
Temi politici, l’impegno sociale, lo sguardo rivolto alle grandi
vicende belliche costituiscono la cornice all’interno della quale Guttuso
costruisce i suoi dipinti, volti a cogliere nel perimetro simbolico di Bagheria
e della Sicilia quelle che Consolo definisce le offese sull’uomo della Natura e
della Storia.
Palinuro, La fuga dall’Etna, La
crocifissione, Lo zolfatorello ferito, La notte di Gibellina e le tante nature morte esprimono
il dramma esistenziale dell’uomo, spesso oltraggiato dalla tragedia, dal
dolore, dai conflitti sociali, dalle guerre, dai terremoti.
La fuga dall’Etna, cui corrisponde specularmente La notte di Gibellina,
indica la fuga della gente dall’eruzione vulcanica che cerca la libertà,
portando dietro gli arnesi di lavoro, recandosi a valle, a sottolineare la
persistente fiducia nel futuro.
Ne La notte di Gibellina il cammino delle fiaccole, rette dalla gente che sale verso
l’Acropoli di Gibellina, sta ad indicare invece l’impulso di solidarietà che anima
gli uomini quando sono colpiti dalle catastrofi naturali.
Ne La crocifissione, ancora
una volta esprime il dolore esistenziale, rappresentato dal volto di Cristo
nascosto.
E’ così che Guttuso ha inteso esprimere la sofferenza di Cristo,
che rappresenta il dramma di tutti gli uomini sottoposti costantemente agli
oltraggi della Storia.
Il merito del pittore bagherese è di aver saputo cogliere nel
particolare il messaggio universale del dolore.
Gaetano
Bencivinni
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