Translate

lunedì 20 aprile 2015

La “follia” della civiltà

Nella sua introduzione e cura del “Saggio  sulle malattie della mente” di Immanuel Kant, filosofo tedesco del sec. XVIII, Luciano Dottarelli dice: “ Collocato nel contesto del piu’ ampio rapporto tra Kant e Rousseau, il “Saggio” si lascia leggere come un capitolo del bilancio critico riguardo allo stadio raggiunto dalla civilizzazione (che cosa si sia perduto mentre si e’ guadagnato da un’altra parte ). La lama della critica, presa in prestito da Rousseau, si conferma affilata e tagliente. Essa colpisce la “ coercizione artificiosa “, l’ “ opulenza “ e  l’ “ apparenza di saggezza e morigeratezza “ della condizione civile che, accrescendo artificialmente i bisogni e infittendo la rete delle mediazioni sociali, produce il terreno favorevole all’insorgere e allo svilupparsi delle malattie mentali. La controprova di questa incidenza delle costrizioni della vita civile sulla insorgenza del disagio psichico sta nella sobria constatazione che invece il selvaggio, conducendo una vita libera e in movimento, “ e’ per lo piu’ sano”. Il “ Saggio “, al di la’ dell’influsso di Rousseau, riflette un clima culturale molto diffuso alla fine del secolo XVIII, che Foucault, nella sua “Storia della follìa nell’eta’ classica” ricostruisce con tratti efficaci dicendo che la fine del XVIII sec. comincia ad identificare la follìa con la costituzione di un “ milieu “: la follìa e’ la natura perduta, e’ il sensibile sviato, la snaturalizzazione del desiderio, il tempo privato della sua misura. Man mano che l’ambiente diviene piu’ spesso e opaco, i rischi della follìa aumentano. La follìa diventa l’altro aspetto del progresso. In questa riflessione sulla follìa  il secolo XVIII anticipava  i temi essenziali della riflessione sull’uomo che sarebbero stati trattati nell’eta’ seguente. Cio’ che dice Foucault aiuta ad inquadrare meglio sia i pregi che i limiti della riflessione Kantiana sulla malattia mentale. Alla fine del suo “Saggio” Kant afferma (in modo sorprendente) di propendere per una spiegazione organica delle malattie psichiche. Cio’ ha anche una motivazione etica, che e’ quella di sottrarre la malattia psichica dall’orizzonte della colpa morale. Le oscillazioni sul tema, pero’, non finiscono qui : Kant ha anche presente che patologia e salute mentale sono solo i due estremi idealizzati di quel “continuum “ in cui consiste la vita psichica e che c’e’, per dirla con Freud, tutta “ una psicopatologia della vita quotidiana “, che va considerata un fenomeno molto comune nella societa’ “civilizzata”.                                           


Marietta Gallo.                                             

giovedì 9 aprile 2015

Nel cuore dell’Amazzonia

La lettura è un efficace antidoto al terribile veleno della vecchiaia. È così per Antonio Jose Bolivar Proano protagonista del romanzo Il vecchio che leggeva romanzi d’amore dello scrittore cileno Luis Sepulveda.
Un romanzo che accende i riflettori sulla questione dell’Amazzonia, esposta ai dardi velenosi del progresso, che abbatte gli alberi, spinge gli indigeni nel cuore della foresta, sconvolge gli equilibri ecologici.
Il protagonista vive per 40 anni tra gli indigeni in Amazzonia e lì apprende l’arte di convivere con la foresta. Impara a cacciare con la cerbottana, a pescare con la lancia, a scegliere i frutti saporiti, ad individuare le erbe curative.
Quando ritorna nel mondo civile, riscopre il volto arcigno della civiltà attraverso la figura del sindaco ciccione, arrogante, avido e prepotente, attraverso l’indisponenza dei Nordamericani che non rispettano la casa altrui, attraverso gli spregiudicati cercatori d’oro.
Unico spiraglio luminoso è la scoperta della lettura dei romanzi d’amore, che lo aiutano a sognare e a ridurre i contraccolpi negativi della barbarie umana.
La narrazione, particolarmente coinvolgente, ruota intorno alle vicende del protagonista che, suo malgrado, viene trascinato in una spedizione per la cattura di un feroce tigrillo, divenuto un grave pericolo per gli abitanti del villaggio.
La scena finale è particolarmente avvincente, allorché il vecchio Antonio Jose Bolivar si ritrova faccia a faccia con il tigrillo e lo impallina con la sua carabina.
Un episodio questo che lo induce a gettare il fucile nel fiume e a maledire l’arroganza degli uomini, che distruggono gli equilibri della foresta e sconvolgono il mondo verde, considerato dal protagonista un vero e proprio Eden.


Gaetano Bencivinni

mercoledì 1 aprile 2015

Verso il Paradiso terrestre

Psicologia, ecologia, religione, evoluzionismo, spiritualismo, misticismo si intrecciano nella miscela narrativa del romanzo La profezia di Celestino dello scrittore americano James Redfield.
Percezione delle coincidenze, nuova consapevolezza della spiritualità e delle trasformazioni della civiltà fanno da supporto alle vicende narrate dal protagonista, che si reca in Perù alla ricerca dell’antico manoscritto di Celestino, risalente al 600 a.c..
Un manoscritto, che contiene le nove illuminazioni, utili a comprendere quel salto di civiltà che si profila per l’umanità nel terzo millennio.
Una costruzione espositiva che procede in modo stratificato: una trama da romanzo giallo, spunti di riflessioni filosofiche, scientifiche e religiose, ricerca costante del significato profondo della vita.
Il protagonista, soggetto narrante del romanzo, si ritrova nel vortice di conflitti, che vedono da una parte il Governo peruviano e la Chiesa ufficiale impegnati a sopprimere il manoscritto e ad eliminare tutte le copie in circolazione. Dall’altra studiosi, ricercatori, sacerdoti interessati a leggere il manoscritto per comprendere le nove illuminazioni, considerate un faro indispensabile a favorire quella svolta di civiltà e quel salto qualitativo indispensabile alla evoluzione della consapevolezza di un nuovo spiritualismo, chiamato a svolgere un ruolo di correzione della modernità, fortemente caratterizzata dalla logica del progresso e della crescita economica e sociale.
La prospettiva indicata da Celestino è la costruzione di una società utopica, basata sull’automazione e sulla disponibilità di beni e lavoro per tutti con ampi spazi dedicati al tempo libero da utilizzare per riflettere sul significato dell’esistenza umana.
Favorire questo processo di crescita significa percorrere il sentiero che porta verso la realizzazione di un vero e proprio Paradiso terrestre.
Tutto viene costruito attraverso un mistico rapporto dell’uomo con l’energia dell’Universo, con una nuova etica interpersonale, con l’adesione ad una cultura emergente, fatta dall’incontro della civiltà occidentale con lo spiritualismo orientale.
Il romanzo si fa apprezzare per la capacità di coinvolgere il lettore, trasportandolo in una magica atmosfera fatta di una sorta di realismo fantastico.


Gaetano Bencivinni