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lunedì 8 aprile 2019

A chi la tocca la tocca. Mafia e trasfigurazione della realtà


Il filo conduttore al percorso narrativo del racconto “A chi la tocca la tocca" di Gaetano Bencivinni, politico e letterato entusiasta, è costituito da un fatto di cronaca – un delitto mafioso rimasto impunito – artisticamente trasfigurato ma possibile nella sua crudezza esemplificatrice di un comportamento di stampo mafioso, ahinoi ancora diffuso. Il racconto tuttavia è di fantasia, come avverte con convinzione l’autore, che ribadisce la trasfigurazione dei fatti anche quando appaiono veri. Da buon letterato, Gaetano Bencivinni impreziosisce il suo racconto con richiami letterari di livello: quelli mutuati da Calvino, Sciascia, Joyce, Kafka, Omero, Dante sono alcune delle pietre incastonate nel mosaico noir dell’autore.


                                                                                                                     
                                                                                                    Rosaria Barone

martedì 2 aprile 2019

Un delitto mafioso tra fantasticherie diaboliche e immagini apocalittiche


Tra fantasticherie diaboliche e immagini apocalittiche si svolge il racconto “A chi la tocca la tocca" di Gaetano Bencivinni, raffinato letterato, presidente del premio internazionale Giannino Losardo, da sempre in prima fila nella lotta alla 'ndrangheta. Un racconto di fantasia che narra di un delitto mafioso avvenuto a Pentesilea, una città invisibile in cui per anni si sono verificati incresciosi episodi malavitosi. Una narrazione da includere nella categoria dello humor nero, da leggere d'un fiato, senza respiro, non perché sia un incubo ma perché si entra in un dramma che ha il sapore della tragedia antica. Un racconto satirico – allegorico che narra di episodi demoniaci. La tecnica di trasfigurazione artistica adottata da Bencivinni trasforma il fatto di cronaca, costituito da un delitto mafioso rimasto impunito e che fa da filo conduttore al percorso narrativo, in un fatto possibile, che può avvenire in un luogo qualsiasi, secondo il classico modo di procede mafioso: affari illeciti, minacce, violenze, omertà e impunità. <<Se qualcuno crede di individuare fatti o personaggi reali - ha precisato l’autore- lo avverto che non ho inteso scrivere un saggio, ma ho voluto semplicemente costruire un racconto di fantasia. Pertanto, ogni eventuale riferimento a persone o a fatti va considerato assolutamente casuale, anche se va aggiunto che il dilemma tra finzione e realtà rimane sempre irrisolto e che i fatti, anche quando sembrano veri, in realtà diventano un’altra cosa, perché sono deformati dalla trasfigurazione. I fatti sfumano nell’invisibile e si trasformano in simboli>>. Il messaggio che l’autore trasmette comunque è abbastanza chiaro: la mafia cresce quando basa le sue radici sulla politica e sullo Stato, va in declino quando viene aggredita dai valori della libertà e della democrazia. Lusinghiero è il giudizio che lo scrittore bolognese, di origine cetrarese, Enzo Pellegrino, ha espresso su questa fatica letteraria di Bencivinni. <<Il corredo letterario che Bencivinni utilizza è quello dei grandi scrittori che da sempre hanno "scavato" nell'animo umano, sondato "il cuore di tenebra" in cui s'annida il male dell'uomo. L' oscuro "kakòn", il male assoluto, insomma che manda in paranoia una comunità nell'asservimento alla prepotenza e alla violenza sperando di ricavarne benefici che non ottiene>>. Paesaggi mozzafiato, voce oscura e profonda del mare e bellezze naturali pesantemente sfregiate dalla malvagità e dalla morsa diabolica che tutto distrugge, spargendo il morbo pestifero in comunità tradizionalmente sane. Notevoli i richiami letterari di cui l’autore si avvale: da Omero a Dante Alighieri, da Bulgàkov a Dostoevskij, da Joyce, a Kafka, da Italo Calvano a Leonardo Sciascia. 
Tiziana Ruffo