Translate

domenica 7 dicembre 2014

Storia vera di un profugo afghano

La questione dell’immigrazione è al centro della narrazione del romanzo Nel mare ci sono i coccodrilli dello scrittore Fabio Geda.
Protagonista è il giovanissimo Enaiatollah Akbari, che racconta all’autore, sotto forma di intervista, il suo avventuroso viaggio dall’Afghanistan all’Italia, terra di approdo in cui ha trovato una soddisfacente ospitalità.
A soli dieci anni viene abbandonato dalla madre, per salvarlo dal pericolo di essere ucciso dai talebani. Viene lasciato in un magazzino – albergo nel Pakistan. Lì si ritrova solo, gettato nel mondo alla disperata ricerca della sopravvivenza.
Fa di tutto. Il venditore ambulante in Pakistan, il manovale e il lavoratore in una fabbrica di pietre in Iran. Attraversa tra mille insidie le montagne che separano l’Iran dalla Turchia. Si sposta ad Istanbul nascosto nel sottopiano di un camion insieme ad altri, ammucchiati come sardine. Attraversa il mare con un gommone e tra tanti pericoli raggiunge Mitilene e da lì poi arriva ad Atene.
L’ultima tappa del suo viaggio la percorre nascosto in un camion, che lo trasporta sino a Venezia.
Un romanzo che ha il merito di descrivere con realismo e concretezza la drammatica situazione in cui si ritrovano tanti immigrati, costretti a lasciare la propria terra inospitale. Una rete di trafficanti li avvolge, li tormenta e li spreme come limoni.
Il calvario del protagonista inizia all’età di dieci anni e si chiude all’età di quindici, allorché finalmente in Italia viene accolto da una comunità a Torino. Viene affidato ad una famiglia generosa e viene messo nelle condizioni di ottenere il permesso di soggiorno come rifugiato politico. Da quel momento inizia la sua nuova vita da integrato. Studia, lavora e racconta così all’età di ventuno anni la sua drammatica esperienza di vita.
Il romanzo si fa apprezzare per la straordinaria efficacia comunicativa e soprattutto per l’impatto che produce sul lettore, trasportato abilmente nel mondo drammatico degli immigrati, che vengono descritti e presentati nel contesto reale in cui soffrono, aspirano a migliorare le condizioni di vita, muoiono spesso nel disperato tentativo di sottrarsi alla miseria della terra in cui sono nati.
Il messaggio che l’autore trasmette è che bisogna rapportarsi con il mondo dell’immigrazione con un atteggiamento di comprensione e di accoglienza. La civiltà occidentale  non si deve affidare alla logica delle armi e dei missili, ma deve avere la capacità di costruire comunità inclusive in grado di cogliere l’opportunità dell’integrazione delle culture in un’ottica di un modello di sviluppo internazionale in grado di superare la logica dell’intolleranza, della chiusura egoistica, della guerra e del conflitto tra religioni e culture diverse.


Gaetano Bencivinni

Nessun commento :

Posta un commento