Nella sua
introduzione e cura del “Saggio sulle
malattie della mente” di Immanuel Kant, filosofo tedesco del sec. XVIII,
Luciano Dottarelli dice: “ Collocato nel contesto del piu’ ampio rapporto tra
Kant e Rousseau, il “Saggio” si lascia leggere come un capitolo del bilancio
critico riguardo allo stadio raggiunto dalla civilizzazione (che cosa si sia
perduto mentre si e’ guadagnato da un’altra parte ). La lama della critica,
presa in prestito da Rousseau, si conferma affilata e tagliente. Essa colpisce la
“ coercizione artificiosa “, l’ “ opulenza “ e
l’ “ apparenza di saggezza e morigeratezza “ della condizione civile
che, accrescendo artificialmente i bisogni e infittendo la rete delle
mediazioni sociali, produce il terreno favorevole all’insorgere e allo
svilupparsi delle malattie mentali. La controprova di questa incidenza delle
costrizioni della vita civile sulla insorgenza del disagio psichico sta nella
sobria constatazione che invece il selvaggio, conducendo una vita libera e in
movimento, “ e’ per lo piu’ sano”. Il “ Saggio “, al di la’ dell’influsso di
Rousseau, riflette un clima culturale molto diffuso alla fine del secolo XVIII,
che Foucault, nella sua “Storia della follìa nell’eta’ classica” ricostruisce
con tratti efficaci dicendo che la fine del XVIII sec. comincia ad identificare
la follìa con la costituzione di un “ milieu “: la follìa e’ la natura perduta,
e’ il sensibile sviato, la snaturalizzazione del desiderio, il tempo privato
della sua misura. Man mano che l’ambiente diviene piu’ spesso e opaco, i rischi
della follìa aumentano. La follìa diventa l’altro aspetto del progresso. In
questa riflessione sulla follìa il
secolo XVIII anticipava i temi
essenziali della riflessione sull’uomo che sarebbero stati trattati nell’eta’
seguente. Cio’ che dice Foucault aiuta ad inquadrare meglio sia i pregi che i
limiti della riflessione Kantiana sulla malattia mentale. Alla fine del suo
“Saggio” Kant afferma (in modo sorprendente) di propendere per una spiegazione
organica delle malattie psichiche. Cio’ ha anche una motivazione etica, che e’
quella di sottrarre la malattia psichica dall’orizzonte della colpa morale. Le
oscillazioni sul tema, pero’, non finiscono qui : Kant ha anche presente che
patologia e salute mentale sono solo i due estremi idealizzati di quel “continuum
“ in cui consiste la vita psichica e che c’e’, per dirla con Freud, tutta “ una
psicopatologia della vita quotidiana “, che va considerata un fenomeno molto
comune nella societa’ “civilizzata”.
Marietta
Gallo.