Questa sera l’emozione ha preso un po’
tutti. Sono emozionata ma anche lieta di essere qui. Sento molto la
responsabilità del compito che Gino Leporini prima di morire mi ha affidato:
presentare il libro che stava scrivendo. Nessuno ancora sapeva che era l’ultimo.
Me lo ha chiesto con la sua consueta gentilezza e delicatezza. La presentazione
che leggerete nel volume è quella che lui ha letto poco prima del suo
decesso.
Ho scritto la recensione di molti dei
suoi libri, senza che lui me lo avesse chiesto. I suoi libri sono stati il
terreno d’incontro tra noi, perché rispondevano ad una mia esigenza personale:
conoscere la vita dei cetraresi prima del mio arrivo, le tradizioni, il senso
delle feste, dei modi di dire, di tutte quelle tradizioni che lasciano trasparire
il cuore delle persone che in un luogo vivono.
Con In cammino, ha allargato i suoi
orizzonti. Parla dell’Uomo in cammino o meglio del cristiano in cammino.
Snoda in quattro tappe un unico
racconto. Il racconto, nello stile proprio della narrazione diacronaca, di un cammino, che è cammino particolare. E’ cammino di fede e meditazione
orante che impegna il cuore spirituale.
Come dice l’autore “il cammino
intrapreso … non è soltanto, quello materiale, cadenzato dai passi sulla nuda
terra, bensì quello interiore, che implica, generalmente, una catarsi
permanente di cui si beneficia per tutta la vita”.
E’ una particolare e vera esperienza
di fede che, vissuta, può e deve essere comunicata .
E’ questa urgenza che lo ha
spinto a scrivere questo volume. “Non ho
scritto per avere, ma nel tentativo ambizioso di dare,raccontando e
riflettendo, anche una sola briciola di utilità”.
Raccontare “ una esperienza
toccante”, cito testualmente, da condividere pur attraverso “la pochezza della
parola”.
Nella sua prefazione invita il lettore a camminare con lui. “Fai qualche
passo con me. Accompagnami per un tratto di strada”.
Noi qui questa sera
camminiamo con lui per le vie d’Europa. Con lui
partiamo dal profondo sud dell’Italia, vi ritorniamo, passando attraverso
le sponde del Tago, da Lisbona a Fatima e Coimbra, a Santiago de Compostela, a
Lourdes e giù in Bosnia Erzegovina, sulla collina di Medjugorje.
Sono luoghi in cui Dio, mediante la Madre sua o i santi, continua ad
intervenire operando miracoli. Luoghi
in cui “schiere interminabili di pellegrini vanno a deporre le loro sofferenze
e speranze dinanzi all’immagine della Regina della Pace” . Luoghi sacri, anche
se su Medjugorie”, afferma, “questo
luogo mistico di pace, pende il giudizio
del Magistero ecclesiale”.
L’autore non nasconde l’umano desiderio di assistere in questi luoghi ad
eventi miracolosi. In realtà assiste a fenomeni
che lo hanno lasciato stupito e che racconta con molta delicatezza. Lungi da
lui l’idea di azzardare ipotesi o influenzare i lettori.
Quello di cui è certo, dice, che da
questi luoghi non si torna come si è partiti, ma con l’animo rigenerato.
C’è un miracolo di cui è stato parte, è,
quando a sera, sulla spianata della Basilica di Lourdes in un tripudio
di canti e preghiere, partecipa alla fiaccolata sul piazzale dell’Incoronata, “una
processione di mille luci che si snoda lentamente, al seguito della statua
della Vergine. Sentirsi, in quei momenti, infinitamente piccoli, quasi nullità
disperse nell’infinito, che vivono un attimo di eternità e avvertire la
presenza di un’Entità che sovrasta il tempo e lo spazio”.
E poi a Medjugorje, in
attesa dell’apparizione a Miriana, “gruppi di fedeli innalzano qua e là preghiere
e inni ciascuno in una lingua e con accenti diversi, tutti rivolti verso la
Madre comune”.
L'uomo in cammino si accosta con stupore
al Mistero, all’Eterno ed ecco che il linguaggio diviene lirismo. Si intride di
immagini e liriche descrizioni.
“Il Tago bacia le sponde della città di
Lisbona prima di sfociare nell’oceano.
E la luce diffusa di una splendida luna piena … che
accarezza dolcemente il paesaggio” saluta i pellegrini che da Lisbona si
avviano verso Fatima.
L’ardita architettura della Basilica di Fatima si regge senza colonne “come appesa allo spazio celeste”. Ai lettori
il compito di trovare altre liriche descrizioni.
Chiaramente quelli fatti dall’autore sono viaggi particolari, viaggi in senso biblico, viaggi
intesi come metafora dell’esistenza umana, o meglio, pellegrinaggi. Hanno infatti tutte le
peculiarità che connotano il pellegrinaggio.
Innanzitutto la meta: incontrare il volto del Signore. I
pellegrini, tesi alla ricerca del volto di Dio, “ vanno pensosi … di cosa
che non è presente”, per dirla con un
verso di un sonetto dantesco. Questo il senso e la meta del
pellegrinare.
I testi sacri sono percorsi dall’anelito dell’uomo che cerca Dio. Tutta la vita del cristiano è tesa alla ricerca del volto di Dio.
I testi sacri sono percorsi dall’anelito dell’uomo che cerca Dio. Tutta la vita del cristiano è tesa alla ricerca del volto di Dio.
Oggi avrei
voluto leggervi un salmo, invece leggo uno scritto che suor Cecilia Impera della Piccola Famiglia dell’Annunziata
ha trovato in una grotta nei pressi della porta di Damasco a Gerusalemme,
scritto forse da un eremita che lì era vissuto all’inizio del Novecento e che
era attirato dal volto di Dio.
O Eterno, o
Unico
mi affascina
il tuo mistero nascosto,
mi attira il
tuo volto di luce.
Qual è il
sentiero della tua dimora splendente?
Dove sbocca
il tuo torrente di luce?
Dove abiti,
Tu, sole del mondo?
Dov’è la
luce che hai diffuso sui nostri sentieri di morte?
Perché la
tua dimora è avvolta di nubi
e il tuo
volto è coperto di veli?
Inaccessibile
Tu sei, invisibile.
L’amore
solleverà il tuo velo, svelerà il tuo segreto?
La morte
troverà il tuo sentiero, aprirà le tue porte?
Il pellegrino Luigi Leporini va in pellegrinaggio per disvelare
il volto del Signore e contestualmente
riscopre il senso profondo dei rapporti umani. Scopre
che il varco per scorgere il volto di Dio è il fratello che ha bisogno, di cui
io ho bisogno, lì dove io mi trovo, lì dove conduco giornalmente la mia vita. E’ la fraternità
mistica, “che sa guardare alla grandezza sacra del prossimo, che sa
scoprire Dio in ogni essere umano”, come afferma papa Francesco.
Alla
fine del pellegrinaggio a Medjugorje, Leporini e i suoi fratelli nella fede si
rimettono in cammino, o meglio, riprendono il cammino verso i più poveri, gli
ultimi, i più bisognosi, “impegnati a seminare il bene nelle più diverse
forme, nei loro rispettivi paesi d’origine”.
Con una attenzione particolare verso quelle che papa Francesco chiame le
“periferie esistenziali”.
Compagno di viaggio a Medjugorje è
Gianluca Zenga, presidente dell’associazione Porta del cielo che opera
in Italia e nel mondo, attraverso una rete di volontari, a favore di piccoli
pazienti di varia nazionalità, affetti da gravi patologie.
Il pellegrino Gino nel suo andare non è accompagnato dal
frastuono, come spesso accade nelle gite turistiche, ma “sofferma i suoi battiti, ferma incantato
il respiro”, si lascia avvolgere dalla solitudine e dal silenzio, “un silenzio
assoluto in cui sembra fermarsi perfino il respiro."
Un silenzio che si fa preghiera. Un silenzio ricolmo di
tanti momenti di colloquio con il Signore e la madre sua. A Medjugorje ai piedi della statua in marmo
della Regina della Pace, nel posto in cui è apparsa ai veggenti, raggiunta con
tanta fatica, data la sua avanzata giovinezza, come soleva dire, “persino
il mormorio lieve della preghiera scompare e il pregare diventa assolutamente
intimo, personale, in un silenzio assoluto, irreale che invade l’animo e leviga
le pietre aguzze della collina”.
Anche la fatica fisica è un aspetto peculiare del
pellegrinaggio.
Il pellegrino coniuga preghiera e
curiosità intellettuale e coglie la bellezza del creato, specchio della
bellezza dell’Ente supremo e della Madre sua e quella costruita dalle mani
degli uomini.
Alla partenza per Fatima, come abbiamo già citato, “accarezza
dolcemente il paesaggio la luce diffusa di una splendida luna piena, sorta da
poco sulle colline. La stessa luna di casa nostra, che ammiriamo sempre dai
nostri rispettivi paesi di origine ma che stasera ci fa sentire fruitori uniti
e privilegiati di uno spettacolo
che il Creatore elargisce per tutti gli uomini, in ogni parte del mondo a
ricordare la comune origine e il comune destino”.
La vista dell’ampia
spianata prospiciente la basilica di Lourdes “che spazia da una capo all’altro del nostro
campo visivo, afferma, suscita un senso di
nullità nell’animo mio e credo in quello di chiunque si accosti ad una realtà
che ha del mistico e del surreale”.
Come recita il sottotitolo Viaggio attraverso realtà, tradizioni della
cristianità e misteri, il pellegrino è attento alla realtà attuale, riporta tradizioni
e riti della cristianità , il rito del Botafumeiro di cui
spiega il senso, il racconto del ritrovamento del corpo di San Giacomo
Maggiore e tanti altri, che scoprirete
scorrendo il testo, e, da amante del
buon cibo qual era, ci descrive anche le prelibatezze della cucina portoghese.
Adesso il credente Gino Leporini ha percorso il sentiero che porta a Dio ,
è a mensa con Lui, ha aperto le sue
porte e si trova sepolto nel suo cuore , “come conchiglia affondata
nell’immensità dell’oceano”, come recita un altro frammento, trovato da suor
Cecilia e scritto da un eremita in una grotta al di là del mare, nei pressi
della porta di Damasco.
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