Liberalismo,
populismo e sovranismo, garantismo e giustizialismo, pentimento e resurrezione.
Intorno a questi temi si è svolta la conversazione letteraria di Gaetano Bencivinni
sul romanzo Delitto e castigo di Dostoevskij, nell’ambito della settima
edizione del caffè letterario organizzato dal Centro sociale anziani di Cetraro.
L’evento è stato coordinato da Vittoria Colistra, vice presidente dell’associazione.
Rilevante la partecipazione del pubblico. Il primo cittadino, Angelo Aita ha
colto l’occasione per riproporre la questione di bruciante attualità che
riguarda il rispetto delle regole anche in situazioni complesse in cui bisogna
perseguire il bene comune sia pure tra mille ostacoli e tante pastoie burocratiche.
Il consigliere regionale, Giuseppe Aieta ha preannunciato che a breve
illustrerà a Cetraro la legge sull’invecchiamento attivo recentemente varata
dalla regione Calabria. Luigi Lupo, presidente dell’associazione Calcia l’Autismo, ha puntato i
riflettori sulla complessità del fenomeno dell’immigrazione ed ha indicato
nella integrazione attiva la via da seguire per fronteggiare il problema dell’accoglienza.
L’ex giudice di pace, Elisabetta Pelaia ha ribadito che le regole vanno
comunque rispettate anche quando non sono condivise o possono rappresentare
ostacolo alla realizzazione di buoni propositi. Il responsabile di Area
democratica, Pino Losardo si è soffermato sulla, necessità di ritornare ai
principi e ai valori di solidarietà e di rispetto reciproco, che devono rappresentare
i pilastri intorno a cui va costruita una società sana e coesa. Il prossimo
appuntamento del caffè letterario è fissato per il 26 novembre con il critico
d’arte calabrese, Carlo Andreoli, che si soffermerà sul tema Palazzi e gente di
Cetraro.
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sabato 24 novembre 2018
giovedì 22 novembre 2018
Le stelle di Arturo Anonimo
Aspettando
un treno, di Arturo Anonimo. Sulla
copertina, in primo piano, due valigie , sullo sfondo una larga distesa di verde
attraversata da una lunga strada rettilinea. La stazione non c’è, né quella
d’arrivo né quella di partenza.
Giro la copertina e leggo: Racconto. Adesso vi racconto chi sono e dove mi porta quella strada. Vi racconto un racconto.
Raccontare e
godere del racconto sono un bisogno ed un piacere nati con l’uomo.
E mi viene
alla mente un versetto di un midrash
ebraico, letto qualche giorno fa, “Dio ha creato gli uomini perché Egli-
benedetto sia- adora i racconti”. I bimbi adorano i racconti delle fiabe. Sono
rassicuranti. I buoni vincono sempre. Se sei in difficoltà tutto ti viene in
auto, gli animali , le piante, una pozione magica. Racconti per educare,
spiegare o soltanto godere.
Raccontare è
un bisogno e scrivere una compulsione . Non sei tu che racconti, è il racconto che ti viene
incontro. Esce dalle valigie dove è sedimentato e, toc! toc! ti chiede di venir
fuori, di dargli vita, di ricordare. Tirar fuori sistematicamente dal cuore, perché
è qui che ha sede la memoria.
Un personalissimo racconto
E mentre
ascolto un personalissimo racconto di Delitto e Castigo di Fedor Dostoevskij , giro un’altra pagina e leggo: A mio padre.
Esercito uno
dei miei diritti di lettore, il diritto di andare subito all’ultima pagina
senza leggere tutto, e vado alla fine. Sei la mia Stella Polare. Sei unica! Ti amo,
Arturo.
Mi dico : è
un lungo racconto che narra dell’amore di un figlio per il proprio genitore e
di un genitore per il proprio figlio. Sì. La certezza dell’amore incondizionato
del padre per il figlio e l’amore certo e incondizionato del figlio per il
padre portano il bimbo a crescere
“recando pace e serenità , anche a coloro che soffrono a tal punto da apparire
simili ad animali. Così facendo una persona recherà felicità a se stessa e al
compagno della propria vita, e, con ciò, anche ai propri genitori. Essa sarà in
pace con se stessa e con il mondo” , afferma lo studioso Bruno Bettelheim a
proposito della fiaba La Bella e la Bestia.
Arturo Anonimo ha trovato la sua stella polare cui dare amore incondizionato e
da cui ricevere amore incondizionato. La conclusione di una bella fiaba. Conclusione, ma non The end, perché la fiaba continua “E
vissero per sempre felici e contenti”.
Esercito un
altro mio diritto di lettore e “spizzico”. Leggo La guerra,
vado oltre e
leggo Scuole elementari 44/45 – 49/50.
Vado verso la fine e leggo Estate ’87.
Ecco, ho
capito, Aspettando un treno è la storia di Arturo Anonimo chiusa nelle
valigie della copertina e che è risuscita a venir fuori. Faccio un po’ di
conti. E’ la storia di un adolescente.
Una storia lineare come sembra suggerire la via dritta che attraversa il
paesaggio della copertina. Cerco, ma non ne trovo l’autore.
Devo
chiudere il libro. Tra i diritti del lettore non c’è quello di leggere un
racconto mentre ne ascolti un altro. Chiudo e ascolto un personalissimo
racconto di Delitto e Castigo.
Tante sorprese, qualche conferma
A casa comincio subito ad immergermi nella
lettura. Non riesco ad aspettare l’indomani. Leggo e trovo tante sorprese e
qualche conferma.
Il nostro
Arturo Anonimo all’inizio e a metà racconto si rivolge direttamente ai suoi due lettori . Topos letterario proprio
di tanta narrativa del Novecento che fa del lettore un interlocutore, un
personaggio, un co - scrittore. Non so se avete la forza di continuare a
leggere! Se vi interessa, fatevi coraggio. Intanto io devo scrivere.
Sì, scrivere
è una compulsione.
I luoghi si salvano dall’oblio
Ed ecco che
la microstoria si intreccia con la macro. I primi ricordi: l’affondamento di un piccolo mercantile
dinanzi all’arenile di Cetraro a cui
assiste, lui che non ha che quattro anni e mezzo, da Piazza Umberto I, oggi
Piazza del popolo. Altra gente è assiepata dal parapetto del Cannone e osserva le operazioni di
guerra. Stanno affondando una nave a
Santella, nei presi del torrente San Giacomo. Lì nei pressi c’era uno
scoglio che aveva la forma di una testa di lupo “Cozza i lupo” appunto. Adesso
lo scoglio non c’è più. E’ stato eliminato quando è stato costruito il porto.
I luoghi si intrecciano con la storia delle
persone, si salvano dall’oblio e acquistano nuovi significati.
La scialuppa
di salvataggio degli ospiti della nave silurata da Inglesi o Americani venne
usata dagli eredi di Pietro Vattimo che la usavano per le gite Alla Grotta dei Rizzi.
Tanti , tanti racconti nel racconto
Ed ecco che i racconti nel racconto scivolano giù a
cascata.
Quatrà, salavte i pitticelli! grida don
Ferruccio Giordanelli che, quella volta in cui la scialuppa dei Vattimo rischiò
di affondare, seguiva con un’altra scialuppa. Amo e amerò il prossimo mio come
me stesso, ma non lo farò sapere mai, mai, mai a nessuno. Mi raccomando i tre
mai. Recita la preghiera per
trovare a trovatura, il tesoro nascosto nei pressi della Chiesa di
Porto Salvo.
Vedere un bimbo di quattro anni ,era, forse,
motivo di ricordi, di speranza di tornare a casa, dove lo aspettavano moglie e
figli, per il
soldato che, fermo con un autoblindo americano, Dinanzi alla cantina di Francesco Spaccarotella, detto Ciccio ‘i Vampa,
solleva il piccolo Arturo Anonimo, lo porta dentro il mezzo militare e gli dona
stecche di cioccolato e biscotti.
Gli stivali, quasi fossero inchiodati al
pavimento del camion, non si mossero. Sono gli stivali che un giovane della Marina,
cerca di buttare giù da un camion degli alleati che risalendo la penisola, erano costretti a
rallentare
Quel giovane
ancora corre per sfuggire ai colpi di moschetto schivati come per miracolo. Gli
stivali erano di un soldato nero sdraiato nel camion.
C’era un temperino
dentro il Dom Pèrignon di cui il concorrente di Lascia o raddoppia? aveva
indovinato regione e ditta di produzione, uva, vitigno e annata. Il racconto brillante e brioso dei quiz e
degli sceneggiati televisivi alle compagne ospiti del Ritiro, dove non c’era la
TV.
E poi il racconto esilarante dei cinque aglieri, il racconto della
nascita della fabbrica Faini a Cetraro, grazie ad una interruzione della
ferrovia …
Tanti ,
tanti racconti nel racconto.
Racconti
infarciti di dotte citazione letterarie e riflessioni filosofiche. “ Con queste
bellezze tu adorna il tuo spirito, e ricco di vena copiosa riverserai dal tuo
petto ispirate parole” (Edoardo Sanguineti, Il giuoco del Satyricon)
Tra i banchi di scuola
Grazie al registro- diario si sono salvati
dall’oblio tanti ricordi legati alla vita scolastica , il perno attorno a cui
ruota la sua vita.
Successi,
insuccessi, fortuna sfacciata e grandi
delusioni, ingiustizie, un anno scolastico sacrificato sull’altare
dell’utilitarismo sulla pelle delle persone, ma anche grandi soddisfazioni.
Tanti i
volti dei compagni, degli insegnanti. Tante
peripezie. Sempre seguito dalla cura del padre, la sua prima stella polare.
A mio padre
Il padre
,che è guida adulta e modello di riferimento, prende per mano lui
adolescente e fa il suo stesso cammino. Un
padre che non ha rinunciato a una visione della vita ‘da adulto’ fatta di affidabilità,
di scelte, di motivazione, di impegno fino al sacrificio, di senso di
responsabilità.”
Non ha abdicato
alla sua genitorialità. Amabile, lui, che giovanissimo ha perduto il padre,
guida con acume e intelligenza il figlio. Modello di riferimento capace di
trasmettere valori importanti da cui non si può prescindere, soprattutto oggi
che viviamo in una società che sembra aver smarrito l’orientamento.
Un padre che
attiva tutte le risorse per soddisfare al meglio le esigenze della sua
famiglia, che gli insegna a pensare con la sua testa, che educa anche con un
gesto. Gesto che non dimentichi più e che vale più di mille parole. Un padre che
anche in punto di morte parlava dei
comportamenti dell’uomo.
Si accendono i primi amori
Gilda ,
Aida……. L’incanto dei primi amori vissuti con profonda intensità. Gilda, la
sartina, Aida, la compagna di classe che
gli era indifferente, ma che
all’improvviso diventa l’unico viso che desidera vedere e il cuore batte all’impazzata e l’emozione e i sogni turbano il sonno. E
l’immagine della ragazza che ami in atteggiamento meditativo, sembra un segno
di speranza e la notte passa
fantasticando.
Ma l’intenso
sentimento di Arturo Anonimo non è corrisposto. Soffri, sii infelice e sarai
grande, dice a se stesso, mettendo insieme due aforismi uno di Manzoni,
l’altro Leopardi. La delusione è cocente,
la sofferenza vera, ma egli accetta la realtà e la sofferenza lo aiuta a
crescere.
Una
Rosa senza spine
Sul rifiuto
di Aida nasce l’amore per la donna della
sua vita, una Rosa senza spine stella di riferimento nella rotta di questa
difficile mia navigazione.
Attendeva
con ansia il nostro Arturo Anonimo il ritorno dal Collego di Maratea la Rosa senza spine che lo aveva
addomesticato.
“Che cosa
vuol dire ‘addomesticare’?”, chiede il piccolo principe alla volpe … addomesticare
vuol dire creare dei legami”.
“La mia vita
è monotona …. E io mi annoio perciò. Ma se tu mi addomestichi, la mia vita sarà
come illuminata. Conoscerò un rumore di passi che sarà diverso da tutti gli
altri …. I campi di grano non mi ricordano nulla. Ma tu hai i capelli color
dell’oro. Allora sarà meraviglioso quando mi avari addomesticata. Il grano che
è dorato mi farà pensare a te. E amerò il rumore del vento nel grano”….
Arturo
Anonimo ha coltivato con riserbo, nel
giardino del suo cuore, in un angolo … un piccolo fiore, una Rosa, la più
bella…
“Se qualcuno
ama un fiore, di cui esiste un solo esemplare in milioni e milioni di stelle,
questo basta a farlo felice quando lo guarda”.
E’ la sua Stella polare.
Rosa
Randazzo
martedì 20 novembre 2018
Caffè letterario. Settima edizione
Un percorso interpretativo che ha
evidenziato i tratti distintivi del romanzo Delitto e castigo di Fedor Dostoevskij, con la sottolineatura di
tematiche di bruciante attualità: liberalismo e sovranismo, giustizialismo e garantismo,
pentimento e resurrezione.
Lungo questo filo conduttore si è
svolta la conversazione letteraria di Gaetano Bencivinni, che ha proposto una
lettura del testo dello scrittore russo con l’attenzione rivolta alle questioni
più attuali e dibattute nel mondo contemporaneo.
L’evento, organizzato dal Centro
Sociale Anziani di Cetraro, è stato coordinato da Vittoria Colistra,
vicepresidente dell’associazione.
Rilevante la partecipazione del
pubblico.
Il primo cittadino Angelo Aita ha
colto l’occasione per sollevare un quesito di particolare attualità legato alla
nota vicenda del sindaco di Riace Domenico Lucano: sino a che punto il rispetto
delle regole può costituire un limite invalicabile per chi è proiettato verso
la realizzazione del bene comune?
Puntuale è arrivata la risposta
da parte del giudice di pace Elisabetta Pelaia, che ha ribadito la necessità di
rispettare le regole sempre e comunque, se non si vuole precipitare nel baratro
dell’arbitrio.
Il giornalista Gigi Lupo ha
riproposto la questione dell’immigrazione e ha ribadito la necessità di
percorrere la via maestra dell’integrazione, da perseguire con determinazione
in considerazione del fatto che la contaminazione delle culture è decisiva per
agevolare il processo di crescita sociale e culturale di ogni comunità.
Il consigliere regionale Giuseppe
Aieta ha preannunciato che a breve illustrerà la legge su L’invecchiamento attivo già approvata dalla Regione Calabria.
Il responsabile di Area
democratica Pino Losardo ha sottolineato con forza la necessità di ribadire la
centralità dei principi e dei valori di solidarietà intorno a cui costruire rapporti sociali
costruttivi, basati sul reciproco rispetto.
La prossima serata del Caffè
Letterario si terrà il 26 novembre prossimo con il critico d’arte calabrese
Carlo Andreoli, che illustrerà il tema Palazzi e gente di Cetraro.
sabato 17 novembre 2018
giovedì 15 novembre 2018
Letteratura, criminalità e delitti mafiosi al Caffè letterario
Apre i battenti la
settima edizione del Caffè letterario, organizzato dal Centro sociale anziani di
Cetraro. Il delitto costituisce il filo conduttore delle conversazioni letterarie
che saranno coordinate da Gaetano Bencivinni e che riguardano i romanzi “Delitto
e castigo” di Fëdor Dostoevskij e “A ciascuno il suo” di Leonardo Sciascia. Il primo appuntamento è fissato per il 19
novembre prossimo, alle ore 18, nella sede del Centro, la serata conclusiva si
svolgerà il 3 dicembre. Il Caffè
letterario ospiterà il 26 novembre il critico d’arte Carlo Andreoli che tratterà
il tema “Palazzi e gente di Cetraro”. Il tema del delitto è di bruciante
attualità in una regione come la Calabria, pesantemente segnata dai tanti atti
malavitosi prodotti dall’azione devastante della ‘ndrangheta. Il Caffe
letterario sarà l’occasione per riflettere sulle motivazioni che spingono al delitto
e sul contesto socio- culturale in cui avvengono i delitti mafiosi. In questa
ottica, Bencivinni farà un’analisi dei contesti sociali in cui i fenomeni
malavitosi si diffondono, con i riflettori accesi sul contesto culturale siciliano
in cui avvengono i delitti mafiosi che attraversano la narrazione del romanzo
di Sciascia “A ciascuno il suo”. Una tematica che consentirà anche di puntare
il dito sulle tante violazioni di regole che purtroppo caratterizzano la Calabria,
il Tirreno cosentino e a città di Cetraro. Sono previsti conversazioni
letterarie che saranno animate dalla scelta interattiva che caratterizza
l’evento del Caffe letterario, aperto agli interventi a dei partecipanti.
Tiziana Ruffo
lunedì 12 novembre 2018
martedì 6 novembre 2018
Un tuffo tra raffinate suggestioni
Un intellettuale di Cetraro a Bologna si muove tra le pieghe
dell’anima dell’ultimo Vicario benedettino
Una rete di
suggestioni teologiche, storiche, filosofiche, lascia intravedere tra le sue
maglie la storia dell’ultimo Vicario
benedettino e la vita di un feudo del Sacro Monastero negli anni a cavallo tra
il XVIII ed il XIX secolo.
Il Vicario
si pone le domande dell’uomo di sempre, arrovellato dalla paura della morte:
cosa dopo la morte? Qual è, dove è la verità? La realtà è oggettivamente
percepibile o è solo illusione? Come estirpare il dolore? La scrittura, l’arte,
hanno funzione catartica come la tragedia greca?
Questi gli
interrogativi del romanzo di Enzo Pellegrino Come un’ombra d’amore. Memorie dell’ultimo vicario.
Scrittura e arte come catarsi
No! Al
nostro Vicario non serve la scrittura per fugare angosce e fantasmi che lo tormentano tutte le notti. Il fantasma di
Marta, la donna amata nella giovinezza, i dubbi della fede, il desiderio di
morte come muore una mosca nella soffice
coltre di ragnatela.
Nel caos del
mondo non riesce ad usare la penna come un bisturi per estirpare il grumo
angoscioso che lo soffoca.
A fare chiarezza
in se stesso, a purificarsi non serve neppure l’arte al nostro vicario. La
copia del Cristo crocefisso di Grunewald, figura
pustolosa e sanguinante, urlante, contorta come un tronco d’albero divelto
dalla bufera, non lo purifica dagli stati emotivi che lo opprimono.
Consumatum est. Anche per me questa lenta agonia di residua esistenza : dilagante
tramonto che dispera nell’alba.
No, il
nostro vicario, chiuso nel cerchio di se stesso, non coglie il senso della
croce, segno di vita e speranza di salvezza
e invito a prendere su di sé la croce della propria vita. Non può
cogliere il messaggio della croce di Cristo perché non riesce ad accettare se
stesso, il negativo che c’è dentro di sé, la sua ombra, gli aspetti della natura istintiva, che non ha vissuto
perché incompatibili con la vita che ha
scelto.
L’ombra non riconosciuta e accettata lo
minaccia, non è fonte di nuova energia.
Trasferire
sulla tela l’ansia del cuore ha solo una volta tacitato le voci , suo tormento
notturno.
Un po’ come fra’ Tommaso
Illuminante
l’immagine finale de Il visconte
dimezzato di Italo Calvino. Il Buono e il Gramo, le due metà separate di Medardo Visconte di Terralba,
diviso in due in una guerra contro i turchi,
lottano all’ultimo sangue e, quando il loro sangue si mescola, e il
dottor Trelawney fa di due un corpo solo, continuano a lottare tra la vita e la
morte, ma infine diventano “un uomo intero , né cattivo né buono , un miscuglio
di cattiveria e bontà, cioè apparentemente non dissimile da quello ch’era prima
di esser dimezzato. Ma aveva l’esperienza dell’una e dell’altra metà rifuse
insieme, perciò doveva essere ben saggio.”
Un uomo
intero, capace di forti passioni, di lottare per ciò in cui crede e che ama, che ha individuato il proprio
progetto di vita e lo segue, che talvolta tentenna, ma va fino in fondo.
Un po’ come
fra Tommaso, mingherlino e allampanato
fraticello di Sceuza che quando tuona dal pulpito, anche le colonne dell’abside
tremano e gli animi dei bifolchi s’infiammano. La proprietà è un furto, la ricchezza causa di malcostume, tuona dal
pulpito il meschinello . I frutti son di tutti e la terra di nessuno.
Di lui il
vicario invidia la determinazione e la vis oratoria. A fronte dei dubbi che
l’affliggono credere in un progetto,
ancorarsi a una idea, così, senza il tarlo del dubbio, nutrire una passione
forte, avere uno scopo preciso, insomma qualcosa per cui valga la pena
combattere rischiare tutto, persino la vita … Come avrebbe dovuto fare con
Marta l’amore della sua giovinezza , tormento e rimorso della sua esistenza. … E predicare dal pulpito verità e certezze.
Ma la verità dov’è, cos’è?
Ma la verità dov’è, cos’è? chiede a padre Norbert, un pozzo di
saggezza, che parla per metafore e
parabole e legge i libri proibiti che vengono dalla Germania.
E’ una
questione di punti di vista, risponde. Non esiste la verità, ma tante verità .
Strano modo di risolvere il problema da parte di un monaco cristiano!
E’ la
risposta di un filosofo, ma filosofia e religione possono camminare insieme, ma ad un certo punto le loro strade si separano. La
religione va oltre, propone sempre un messaggio ed un itinerario di
salvezza che coinvolgono tutta la vita
dell’uomo.
Non possono
stare insieme il filosofo e l’apostolo. L’apostolo non può accettare che ci sia
il nulla dopo la morte.
L’apostolo Paolo, accanito e crudele persecutore dei
cristiani, è tra coloro che approvano
l’uccisione di Stefano il quale , prima di morire, ripercorre la storia della
salvezza con le parole della Legge e dei
profeti, e Saulo non resiste alla sua sapienza ispirata.
“Dio vi farà
sorgere un profeta tra i vostri fratelli, al pari di me… I vostri padri
uccisero quelli che preannunciavano la venuta del Giusto, del quale voi ora
siete divenuti traditori e uccisori” ( At 7) .
Nell’andare
a Gerusalemme, dove conduce in catene
uomini e donne cristiani, sulla via di Damasco
lo avvolge una Luce dal cielo, cade a terra insieme a tutte le sue
certezze. Reso umile, può finalmente ascoltare
la voce di Gesù. E’ disorientato. Non è facile assistere al crollo di
tutte le sue certezze. Rimane tre giorni senza vedere e senza prendere cibo né
bevanda. E’ in lotta. Finalmente ancora l’intervento dall’Alto fa cadere le
squame dagli occhi. Vede, risorge a
nuova vita,rilegge la Scrittura alla luce della risurrezione e proclama e annuncia: Gesù è figlio di Dio. “A
noi è stata mandata questa parola di salvezza … la promessa fatta ai nostri padri
è compiuta” ( At 13).
Ma il
relativismo non può acquietare i dubbi e
gli interrogativi del Vicario. Il nostro Vicario dispera
nell’alba. C’è un altrove o l’assoluto nulla? Il dubbio continua a roderlo
come un tarlo. Il nulla o una soffice
ragnatela in cui abbandonarsi fiducioso?
Per Artù, il cavallo tanto amato, scrive
questa lapide Bestia generosa e fiera,
risucchiata nella ragnatela a dispetto del Nulla …
Strappare il velo di Maya che incanta e
inganna, potrebbe portare il vicario alla conoscenza del vero mondo, occultato
da un velo, e strappare così il dolore.
La vita del feudo
Solo
l’affaccendarsi per il governo del feudo
allontana di giorno i fantasmi e l’aiuta a vedere se stesso e il mondo intero
per quello che realmente siamo: un
groviglio di intrighi e di anime perse, senza speranza di salvezza, senza un
briciolo di verità.
Briganti nelle campagne, un
vascello pirata alla punta del capo, due morti ammazzati alla Mortella, clerici
vagantes, che insufflano eresie, tasse da riscuotere e processi da istruire de
stupro et raptu o propter impotentiam coeundi … confratelli inaffidabili e
litigiosi , servi nell’animo, figli cadetti in cerca di un beneficio e qualche
masnadiero convertitosi all’uopo per sfuggire alla giustizia regia …
Ma ciò non
rende conto della vita che qui realmente
si è svolta e ancora si svolge nel feudo: tanti mastri artigiani, funari e
canapari, carpentieri e forgiari, muratori, scarpari, marinai e pescatori. E
anche mastri trattori che dal bozzolo ricavano la seta, portata poi con le
tartane alle soavi maestà d’altri regni.
L’abominio della Croce
Gli
interrogativi del Vicario, non si fermano. Perché l’abominio del sangue innocentemente versato?
La risposta
è nella Croce suggerisce l’anacoreta. Il Crocifisso verrà glorificato. Questa
l’incrollabile fiducia del credente in Dio che alla fine dei tempi “tergerà
ogni lacrima dai loro occhi; non ci sarà più la morte, né lutto, né lamento, né
affanno, perché tutte le cose di prima sono passate” (Ap 21, 3s).
L’irruzione della Storia nel
feudo
Ma ecco che la storia irrompe nella vita del feudo
del Sacro Monastero e lo scardina: gli echi del pensiero illuminista, la rivoluzione del’99, la carneficina
dell’esercito della Santa Fede, poi i moti per ottenere la costituzione o
l’indipendenza …
Saranno le iene e gli sciacalli,
sedicenti rivoluzionari, ad affondare gli artigli nelle terre del Sacro e Regio
Monastero, pensa il Vicario.
Sciacalli, lupi famelici … Si
spacciano per rivoluzionari, si fanno chiamare costituzionalisti o repubblicani
o monarchici, non si sa bene, ma sono soltanto iene e sciacalli. Gli fa eco fra’ Tommaso.
Anche voi.. ribatte il Vicario. Io parlavo di pane e giustizia, di terra e
libertà, che sono cose concrete …
Il fantasma di Marta
Intanto
nella vita del Vicario sembra materializzarsi il fantasma di Marta nelle vesti
di Giulia, la figlia, che tanto gli
somiglia.
Mio vecchio Vicario, quando
aprirete questa busta, forse io non sarò più …
Lo scritto di Marta lo mette faccia a faccia con l’ombra che aveva così
bene occultata dentro di sé: indolente, pigro, obbediente solo a se stesso,
incapace di assumersi troppe responsabilità, sempre pronto a camuffare con astuzia, gabellando per dubbio ciò che era solo pigrizia.
Le lettere
ingiallite di Marta disegnano la parabola discendente dell’ultimo Vicario. Prima
carismatico predicatore di speranze e resurrezioni, poi confessore insofferente
e indifferente dispensiere di assoluzioni
rapide e penitenze lievi, infine predicatore del Nulla.
La vita, una
conchiglia vuota fatta di solitudine,…
un triste sentiero di cipressi
nebbiosi, inutili giavellotti con la pretesa di bucare il cielo costretti nel
soffocante abbraccio della terra.
Sembra fargli eco Marta in una lettera ingiallita.
Come
in un palcoscenico
Le elucubrazioni del vicario prendono corpo e
irrompono davanti a lui come in un palcoscenico.
Il
peripatetico, che discetta sulla sofferenza del Cristo sulla croce. Se noi
crediamo in un Dio Uno e Trino, allora sulla croce ha sofferto ed è morto Dio stesso. Questa concezione, che è stata condannata dalla Chiesa, arrovella la sua mente. “ No sulla croce, non
è morto Dio stesso, il Padre , afferma il teologo svizzero Hans Kung, ma il Messia e il Cristo di Dio,l’Immagine,
la Parola e il Figlio di Dio”. Il Figlio di Dio”fu crocifisso nella sua
debolezza, ma vive per la potenze di Dio”(2Cor 13,4). Di fronte al dolore dell’innocente, Kung suggerisce la teologia del silenzio e
cita “la lapidaria parola della
Scrittura che chiude il racconto della morte dei due figli di Aronne uccisi dal
fuoco di Dio: “E Aronne tacque”( Lv 10, 3).
Il
rappresentante dei santi che ha nel suo catalogo non il San Benedetto con
mitria e pastorale simboli di una Chiesa
trionfante, legata al potere e potere essa stessa, ma un vecchio calvo, penitente, con barba lunghissima,
scavato in volto.
Epilogo
Nell’epilogo della sua vita l’ultimo Vicario intesse
un ultimo dialogo con Marta :la paura, il rimpianto per la vita sprecata e i fantasmi che lo attanagliano di notte. La
difesa? Convivere con la propria ombra, suggerisce Marta. Il fantasma di Marta sparisce e il Vicario
recita le parole dell’apostolo “Senza la misericordia di un Dio, nessuno si
riscatta dal suo passato”.
Con una preghiera al Dio onnipotente, clemente, misericorde si
conclude la vicenda terrena dell’ultimo Vicario. Che gli sia vicino, gli sia
compagno nella solitudine di cui la morte si avvolge.
Rosa Randazzo
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