Aspettando il treno di Arturo Anonimo.
Sulla copertina, in primo piano, due valigie , sullo sfondo una larga
distesa di verde attraversata da una lunga strada rettilinea. La stazione non
c’è, né quella d’arrivo né quella di partenza. Leggo poi. E’ il treno che tutti
prendiamo. Il treno dello scorrere della vita, che ha un punto di partenza ed
uno di arrivo certi.
Giro la copertina e leggo: Racconto. Adesso vi racconto chi sono
e dove mi porta quella strada. Vi racconto un racconto.
Raccontare e godere del racconto sono un
bisogno ed un piacere nati con l’uomo.
Mi viene alla mente un versetto di un midrash ebraico, letto
qualche giorno fa, “Dio ha creato gli uomini perché Egli- benedetto sia- adora
i racconti”. I bimbi adorano i racconti delle fiabe. Sono rassicuranti. I buoni
vincono sempre. Se sei in difficoltà tutto ti viene in auto, gli animali , le
piante, una pozione magica. Racconti per educare, spiegare o soltanto godere.
Raccontare è un bisogno e scrivere una
compulsione . Non sei tu che racconti, è
il racconto che ti viene incontro. Esce dalle valigie dove è sedimentato e,
toc! toc! ti chiede di venir fuori, di dargli vita, di ricordare. Tirar fuori sistematicamente dal cuore,
perché è qui che ha sede la memoria. Ri-cordare, riportare al cuore, per non
far cadere dal cuore e dalla mente.
E mentre ascolto un personalissimo
racconto di Delitto e Castigo di Fedor
Dostoevskij , giro un’altra
pagina e leggo: A mio padre.
Mi dico : è un lungo racconto che narra
dell’amore di un figlio per il proprio genitore e di un genitore per il proprio
figlio. Sì, rifletto. La certezza dell’amore incondizionato del padre per il
figlio e l’amore certo e incondizionato del figlio per il padre portano il bimbo a crescere “recando pace e serenità
, anche a coloro che soffrono a tal punto da apparire simili ad animali. Così
facendo una persona recherà felicità a se stessa e al compagno della propria
vita, e, con ciò, anche ai propri genitori. Essa sarà in pace con se stessa e
con il mondo” , afferma lo studioso Bruno Bettelheim a proposito della fiaba La Bella e la Bestia.
Esercito uno dei miei diritti di
lettore, il diritto di andare subito all’ultima pagina senza leggere tutto,
e vado alla fine. Sei la mia Stella Polare. Sei unica! Ti amo, Arturo.
Mi dico: non sono caduta in errore. Ho
in mano il racconto di un’altra storia
d’amore. L’amore di un uomo per una donna che ha recato felicità a se stessa e
al compagno della propria vita.
Arturo Anonimo ha trovato la sua stella
polare cui dare amore incondizionato e da cui ricevere amore incondizionato. La
conclusione di una bella fiaba.
Conclusione, ma non the end, perché
la fiaba continua “E vissero per sempre felici e contenti”.
Esercito un altro mio diritto di
lettore e “spizzico”. Leggo La guerra,
vado oltre e leggo Scuole elementari 44/45 – 49/50. Vado verso la fine e leggo Estate ’87.
Ecco, ho capito, Aspettando il treno è la
storia di Arturo Anonimo chiusa nelle valigie della copertina e che è risuscita
a venir fuori. Faccio un po’ di conti.
E’ la storia di un adolescente. Una storia lineare come sembra suggerire
la via dritta che attraversa il paesaggio della copertina. Cerco, ma non ne
trovo l’autore.
Devo chiudere il libro. Tra i diritti
del lettore non c’è quello di leggere un racconto mentre ne ascolti un altro.
Chiudo e ascolto il personalissimo
racconto di Delitto e Castigo.
A casa comincio subito ad immergermi
nella lettura. Non riesco ad aspettare l’indomani. Leggo e trovo tante sorprese
e qualche conferma.
Il nostro Arturo Anonimo all’inizio e a
metà racconto si rivolge direttamente ai suoi due lettori . Topos letterario proprio di tanta narrativa del
Novecento che fa del lettore un interlocutore, un personaggio, un co -
scrittore. Non so se avete la forza di continuare a leggere! Se vi interessa,
fatevi coraggio. Intanto io devo scrivere.
Sì, scrivere è una compulsione.
Ed ecco che la microstoria si intreccia
con la macro. I primi ricordi:
l’affondamento di un piccolo mercantile dinanzi all’arenile di Cetraro a cui assiste, lui che non ha che quattro
anni e mezzo, da Piazza Umberto I, oggi Piazza del popolo. Altra gente è
assiepata dal parapetto del Cannone e
osserva le operazioni di guerra. Stanno
affondando una nave a Santella, nei presi del torrente San Giacomo. Lì nei
pressi c’era uno scoglio che aveva la forma di una testa di lupo “Cozza i lupo”
appunto. Adesso lo scoglio non c’è più. E’ stato eliminato quando è stato
costruito il porto.
I luoghi si intrecciano con la storia delle
persone, si salvano dall’oblio e acquistano nuovi significati.
La scialuppa di salvataggio degli
ospiti della nave silurata da Inglesi o Americani venne usata poi dagli eredi
di Pietro Vattimo per le gite Alla Grotta
dei Rizzi.
Ed ecco che i racconti nel racconto scivolano giù a
cascata.
Quatrà,
salavte i pitticelli! grida
don Ferruccio Giordanelli che, quella volta in cui la scialuppa dei Vattimo
rischiò di affondare, seguiva con un’altra scialuppa.
Amo
e amerò il prossimo mio come me stesso, ma non lo farò sapere mai, mai, mai a
nessuno. Mi raccomando i tre mai. Recita
la preghiera per trovare a trovatura, il tesoro nascosto nei pressi della Chiesa di
Porto Salvo.
Vedere
un bimbo di quattro anni ,era, forse, motivo di ricordi, di speranza di tornare
a casa, dove lo aspettavano moglie e figli,
per il soldato che,
fermo con un autoblindo americano,
Dinanzi alla cantina di Francesco Spaccarotella, detto Ciccio ‘i Vampa,
solleva il piccolo Arturo Anonimo, lo porta dentro il mezzo militare e gli dona
stecche di cioccolato e biscotti.
Gli
stivali, quasi fossero inchiodati al pavimento del camion, non si mossero. Sono gli stivali che un giovane della
Marina cerca di buttare giù da un camion degli alleati che, risalendo la penisola, erano costretti a
rallentare.
Quel giovane ancora corre per sfuggire
ai colpi di moschetto schivati come per miracolo. Gli stivali erano di un
soldato nero sdraiato nel camion.
C’era un temperino dentro il Dom
Pèrignon di cui il concorrente di Lascia
o raddoppia? aveva indovinato regione e ditta di produzione, uva, vitigno e
annata. Il racconto brillante e brioso
dei quiz e degli sceneggiati televisivi alle compagne ospiti del Ritiro, dove
non c’era la TV.
E poi il racconto esilarante dei cinque aglieri, il racconto della
nascita della fabbrica Faini a Cetraro, grazie ad una interruzione della
ferrovia …
Tanti , tanti racconti nel racconto.
Racconti infarciti di dotte citazione
letterarie e riflessioni filosofiche. Civetterie intellettuali. Ludit calamo.
“Con queste bellezze tu adorna il tuo spirito,
e ricco di vena copiosa riverserai dal tuo petto ispirate parole” (Edoardo
Sanguineti, Il giuoco del Satyricon)
Grazie al registro- diario si sono salvati dall’oblio tanti ricordi legati
alla vita scolastica , il perno attorno a cui ruota la sua vita.
Successi, insuccessi, fortuna sfacciata e grandi delusioni,
ingiustizie, un anno scolastico sacrificato sull’altare dell’utilitarismo sulla
pelle delle persone, ma anche grandi soddisfazioni.
Tanti i volti dei compagni, degli insegnanti. Tante
peripezie. Sempre seguito dalla cura del padre, la sua prima stella polare.
Il padre,che è guida adulta e modello
di riferimento, prende per mano lui adolescente
e fa il suo stesso cammino. Un padre che non ha rinunciato a una visione
della vita ‘da adulto’ fatta di affidabilità, di scelte, di motivazione, di
impegno fino al sacrificio, di senso di responsabilità.”
Non ha abdicato alla sua genitorialità.
Amabile, lui, che giovanissimo ha perduto il padre, guida con acume e
intelligenza il figlio. Modello di riferimento capace di trasmettere valori
importanti da cui non si può prescindere, soprattutto oggi che viviamo in una
società che sembra aver smarrito l’orientamento.
Un padre che attiva tutte le risorse
per soddisfare al meglio le esigenze della sua famiglia, che gli insegna a
pensare con la sua testa, che educa anche con un gesto. Gesto che non
dimentichi più e che vale più di mille parole. Un padre che anche in punto di
morte parlava dei comportamenti dell’uomo.
Gilda , Aida……. L’incanto dei primi
amori vissuti con profonda intensità. Gilda, la sartina, Aida, la compagna di classe che gli era
indifferente, ma che all’improvviso
diventa l’unico viso che desidera vedere e il cuore batte all’impazzata e l’emozione e i sogni turbano il sonno.
L’immagine della ragazza che ami in
atteggiamento meditativo, sembra un segno di speranza e la notte passa fantasticando.
Ma l’intenso sentimento di Arturo
Anonimo non è corrisposto. Soffri, sii
infelice e sarai grande, dice a
se stesso, mettendo insieme due aforismi uno di Manzoni, l’altro Leopardi. La
delusione è cocente, la sofferenza vera,
ma egli accetta la realtà e la sofferenza lo aiuta a crescere.
Sul rifiuto di Aida nasce l’amore per la donna della sua vita,
una Rosa senza spine stella di riferimento nella rotta di questa
difficile mia navigazione.
Attendeva con ansia il nostro Arturo
Anonimo il ritorno dal collegio di
Maratea la Rosa senza spine che lo aveva
addomesticato.
“Che cosa vuol dire ‘addomesticare’?”,
chiede il piccolo principe alla volpe … addomesticare vuol dire creare dei legami”. (Antoine de
Saint Exupery, Il piccolo principe)
“La mia vita è monotona …. E io mi
annoio perciò. Ma se tu mi addomestichi, la mia vita sarà come illuminata.
Conoscerò un rumore di passi che sarà diverso da tutti gli altri …. I campi di
grano non mi ricordano nulla. Ma tu hai i capelli color dell’oro. Allora sarà
meraviglioso quando mi avrai addomesticata. Il grano che è dorato mi farà
pensare a te. E amerò il rumore del vento nel grano”….
Arturo Anonimo ha coltivato con riserbo, nel giardino del suo cuore,
in un angolo … un piccolo fiore, una Rosa, la più bella…
“Se qualcuno ama un fiore, di cui
esiste un solo esemplare in milioni e milioni di stelle, questo basta a farlo
felice quando lo guarda”.
E’ la sua Stella polare.
Rosa Randazzo