C’è un filo sottile che lega il vecchio e il
nuovo, costituito dal virus del tempo, che rosicchia le cellule, collassa i
corpi, cambia il modo di pensare, ribalta la visione del mondo.
Non c’è nuovo in grado di reggere il tarlo
che rode e che trasforma, non c’è vecchio che non abbia vissuto il sogno
impossibile di fermare il flusso del tempo.
La vita è una malattia mortale incurabile (
Italo Svevo), che oscilla tra illusione e delusione.
Il principe don Ippolito Laurentano, rintanato
nella sua villa aristocratica, protetta da venticinque gendarmi con divise
borboniche, si illude di poter lasciare la storia fuori dai confini della sua
tana.
Mauro Mortara, servo fedele di don Cosimo
Laurentano, si illude di poter fermare il tempo dell’Italia sabauda e
garibaldina e paradossalmente muore con le medaglie al petto sotto i colpi di
soldati di quell’Italia per la quale ha combattuto nella gloriosa spedizione
dei Mille.
Landino Laurentano, figlio di don Ippolito,
subisce il fascino degli ideali socialisti, ma vive il dramma del nuovo che
ancora non si afferma e si scontra con il presente garibaldino, che resiste e
lo costringe a fuggire.
Corrado Selmi, deputato garibaldino, muore
suicida travolto dallo scandalo del fallimento della Banca Romana. Il tempo
corrompe e logora gli ideali.
Flaminio Salvo, imprenditore in ascesa, si
illude di poter accedere nel mondo dell’aristocrazia, ma il suo sogno si
infrange tra la moglie folle e la figlia Dianella, che impazzisce per la
delusione d’amore, provocata dall’ingegnere Aurelio Costa, trucidato dagli
zolfatari insieme all’amante Nicoletta Spoto, moglie dell’onorevole Capolino.
Il romanzo I vecchi e i giovani di Luigi
Pirandello si colloca a metà strada tra I viceré di Federico de Roberto e Il
gattopardo di Tomasi di Lampedusa. Il tema comune è costituito dalla delusione
risorgimentale e dalla visione del mondo, basata sulla impossibilità di
cambiare le regole del potere, che sono le uniche a reggere alla forza devastante del virus del
tempo.
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