L’8 marzo ci sentiamo a disagio
nel dire che celebriamo la“Festa della donna”. Probabilmente perché ci sentiamo
pienamente emancipate. La parola femminismo ci mette a disagio,
quasi che non ci sia più bisogno di femminismo. Sappiamo che non è così. Non ricordo
chi ha detto una frase-verità che mi è rimasta in mente : Possiamo dire che in
un paese non ci sono differenze di genere quando una donna cretina occupa un
posto importante, che tanti uomini cretini occupano, senza creare scandalo.
C’è ancora bisogno di femminismo
in occidente e, con ragioni maggiori e più gravi, in alcuni paesi dove è lo
stato stesso a creare discriminazioni, dove è la legge a stabilire che la donna
è inferiore e che vale giuridicamente la metà dell’uomo. In questi paesi
il femminismo può fare molto.
Questa sera quindi siamo qui, non
per celebrare un rito, ma per riflettere e per esprimere solidarietà alle tante
donne che soffrono per le discriminazioni di genere e spesso pagano con la vita
la loro resistenza.
Il film di cui vedremo delle
scene è intitolato Persepolis . E’un film animato scritto e diretto da
Marjane Satrapi e Vincent Paronnaud. Candidato all’Oscar nel 2007, ha vinto il
premio della giuria al festival di Cannes nello stesso anno.
Oggi Marjane Satrapi vive e
lavora in Francia, in esilio. Non può tornare nel suo paese perché ha osato
raccontare la vita della sua famiglia, o meglio, come dice in una intervista,
l’amore per la sua famiglia, nello svolgersi di momenti tragici della storia
dell’Iran: dalla caduta della dittatura dello scià Reza Pahlavi alla cosiddetta rivoluzione
islamica che ha instaurato la Repubblica islamica (1979) la cui costituzione si ispira alla legge coranica ,
la sharia.
E’ la storia di un cambiamento, è
la storia di come i grandi cambiamenti politici cambiano la vita delle persone.
Uno sguardo critico, e per
di più femminile , sulla maschilissima e maschilista rivoluzione islamica, che
non è stato gradito dal governo iraniano tanto che, ancor prima del suo
debutto al festival di Cannes, il Dipartimento cinematografico iraniano
ha fatto recapitare all’Ambasciata francese a Teheran una lettera di protesta,
prontamente respinta al mittente.
La scena iniziale è l’unica
scena a colori di tutto il film.
Un giorno Marjane si sentiva così
triste che è andata all’aeroporto con l’intenzione di partire. Ha passato tutto
il giorno a piangere guardando gli aerei decollare. La scena “dà il senso
della lontananza, della nostalgia, dell’esilio”. (V. Paronnaud) E’ un omaggio
al paese che la ospita, la Francia. Il colore marca la differenza anche visiva
con un passato grigio e soffocante.
Per il resto il film è in bianco
e nero. L’assenza del colore, l’astrazione dell’ambientazione e degli
sfondi , il disegno aderente alla realtà conferiscono al film un carattere di
universalità. Aiutano gli spettatori “ ad avvicinarsi alla storia, che potrebbe
essere ambientata in Cina, Israele, Cile o Corea, perché è una storia
universale”( da una intervista alla scrittrice).
Il disegno è stato realizzato in
maniera completamente tradizionale, senza immagini generate al computer.
Il film, come tutti i film di
registi di paesi africani, asiatici, sudamericani, che noi indichiamo
generalmente con nozioni astratte come extracomunitari, sottosviluppati
o in via di sviluppo, fondamentalisti islamici e oggi sempre più spesso
col termine “ terroristi”, ci aiuta a considerare gli Iraniani come persone che
vivono, soffrono, ridono, si divertono, piangono come noi e come
noi esprimono valori veri, universali. Danno della realtà un’immagine
diversa da quella che vediamo in Tv o leggiamo sui giornali.
I temi del film sono tanti. Io ho
scelto quelle scene che più riguardano le donne.
Il film ha avuto un grande
successo. Nel 2003 una donna iraniana Shirin Ebadi ha ricevuto il
premio Nobel per la pace. Alla domanda di un giornalista a Marjane
Satrapi se il mondo spinge l’Iran verso il cambiamento, la scrittrice ha
risposto:
“I grandi cambiamenti non sono
mai il prodotto di una sola persona. Il cammino verso la democrazia è un lungo
cammino. Una società è pronta per essere democratica il giorno in cui le donne
e gli uomini che ne fanno parte saranno considerati uguali”.
Oggi in Iran il 70%degli studenti è formato da ragazze. “Un giorno
queste donne che hanno studiato il doppio, lavoreranno, si emanciperanno e
spingeranno la società verso il cambiamento. In modo naturale. La democrazia
non si regala come un pacco né con le bombe.”
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