Presentazione del libro Il dopoguerra
nella Riviera dei cedri
Il dopoguerra nella Riviera dei cedri del prof. Ciro Cosenza è il racconto di grandi eventi
storici e di cambiamenti epocali così come sono stati vissuti a Cetraro, con
qualche puntata veloce in altri paesi della Riviera dei cedri. Cambiamenti
epocali: la fine della seconda guerra mondiale, il passaggio dalla monarchia
alla repubblica, dalla dittatura alla democrazia.
Ho adoperato
il termine racconto non a caso,
perché, come per gli altri testi dell’autore, non si tratta di asettica
esposizione di fatti passati, ma di un insieme di memoria, stati d’animo,
speranze, delusioni,desideri, passioni, insomma di quell’insieme di tante cose di cui
è fatta una città, grande o piccola che sia, di cui è fatta una porzione di
microstoria.
E’ un
ulteriore libro dell’autore su questa porzione di terra di Calabria. Non teme egli
che “le immagini della memoria, una volta fissate con le parole si cancellino”.
E’ il timore che Marco Polo nelle Città invisibili di Italo Calvino, esprime al
Kublai Kan che gli chiede perché nelle sue relazioni di viaggio non parli mai
della sua città, Venezia. Temo, risponde appunto Marco Polo che “le immagini della memoria una volta
fissate con le parole si cancellino”.
L’autore
non ha di questi timori. Sa, da docente, che
è quanto mai importante oggi riproporre il passato alle nuove
generazioni che, immerse nella dilatazione del presente, sono poco predisposte
a misurarsi con il passato, che invece rappresenta il lievito indispensabile
per costruire progetti di vita proiettati verso il futuro.
E il passato “è contenuto dalla città come le
linee di una mano, scritto negli spigoli delle vie…” ( Calvino), negli scalini
della case del centro storico, nel Ritiro ricostruito, nel Monumento ai caduti
spostato ma ancora esistente, nel porticato della piazza centrale, nella navata
centrale della chiesa di San Benedetto, nell’arenile dove si disputavano le
partite di pallone, nei tanti luoghi citati dall’autore che acquistano così
nuovi e più profondi significati.
Chiaro
emerge l’amore dell’autore per Cetraro, la sua città , “la città nativa del suo
spirito” . La città in cui ha scoperto
insieme ad altri ragazzini il mondo degli adulti .
Aprono
il volume due immagini significative: la 26° divisione tedesca, panzer
granatieri, si ritira verso il Nord e lascia la punta dello stivale; le
divisioni anglo-americane risalgono rapidamente la punta dello stivale. Scivolano via come due serpenti e lasciano
dietro di sé una scia a dir poco inquietante.
E’ lo
scenario che si apre davanti agli occhi di un gruppo di ragazzini che ritornano in paese dallo sfollamento e che, vissuti i
disagi della guerra, le bombe, la fame “vengono restituiti alla spensieratezza e insieme scoprono il
calcio, l’altro sesso, il dramma dell’emigrazione, insomma il mondo degli
adulti”.
Assistono
dal loro consueto luogo di incontro-rifugio, il Monumento ai caduti della
grande guerra, al ritorno dei reduci,
alla loro delusione. I luoghi della loro
spensieratezza, le panchine di pietra della piazza, sono occupati da uomini
scamiciati e scalzi che attendono qualche ora di lavoro. Le donne sono gettate
sugli scalini delle case che prima della guerra avevano ospitato il loro
allegro cicaleccio .. I negozi sono vuote spelonche, il paese è immerso nel buio.
Assistono
dal loro consueto luogo di incontro-rifugio alla ricostruzione o meglio alla costruzione
del loro paese, sottolinea l’autore.
La
vita riprende lentamente. Si sente il bisogno di stare insieme. Qualche
bollente giovanotto porta la serenata alla sua bella, viene celebrato qualche
matrimonio con lancio dei cannellini, riprendono i giochi nelle strade e fra i
ruderi del Ritiro semidistrutto da una bomba, riprendono le comunicazioni ferroviarie
da e per Napoli. Gli alleati distribuiscono carne in scatola, margarina e
zucchero in zollette, le famiglie si attrezzano di pollaio, conigliera o
piccionaia in terrazza. Arrivano le caramelle col buco e le chewing-gum che non
ci hanno più abbandonato e le sigarette buone, le Camel, le Chesterfield, le
Luky Strike. Riprendono l’attività dei partiti e i comizi elettorali. Si
avviano alcune attività commerciali, qualche fabbrica di bibite gasate,
qualcuna di salagione. A Cetraro si tiene il mercato della domenica, fiore
all’occhiello della città di Cetra. Sorge
un vero e proprio polo industriale tessile nel Tirreno cosentino. Si ricomincia
a leggere ciò che piace .
Dalle
nuvolette dell’ Intrepido i ragazzini apprendono sgomenti gli orrori
dell’occupazione tedesca nell’Italia settentrionale, le persecuzioni degli
Ebrei, le deportazioni, i forni crematori …
Sono Turo, Renato,Lillino, Egidio, Meduzzo,
Rolando, Franco, Ciccillino, Ndoniello, Romano, Ciccio. Sembra la formazione di
una squadra di calcio. Non sembra, è . Si tratta dell’Invicta, la prima squadra
di ragazzini del dopoguerra, che, “danno un calcio ad un pallone per
ricominciare” come recita il sottotitolo del volume.
Poi Saro, Giannino ed altri di cui l’autore non
dice i cognomi, perché sono ragazzini del Sud, ragazzini- simbolo di un’epoca
di rinascita.
Ritornano
il calcio, diciamo così, locale, il calcio federale con le prime partite di
campionato. Nasce la società sportiva
Antica Lampetia. Proprio il calcio procura all’autore la prima grande delusione.
Alla prima festa di san Francesco di Paola, cui aveva partecipato insieme al
padre, era stata inserita nei programmi
dei festeggiamenti una partita di calcio tra la Paolana e il Cosenza che militava
in serie B. L’autore “ vide ,e gli fece impressione,
il portiere Antonio Caldiero e a centro
campo nel ruolo di regista Carlo Lucibello,già centromediano metodista, con i
colori di una squadra , la Paolana, che tante volte aveva giocato contro il Cetraro”.
La prima delusione di un bimbo di 8 anni.
Tante
le figure che emergono nette dal
racconto. Di tante ascolteremo dall’autore. Di due voglio parlare io.
Di Franchino, quel ragazzino che teme che la sua casa possa saltare in aria da un
momento all’altro, poiché gli artificieri non riescono a disinnescare la bomba
che era caduta nei pressi di casa sua. Franchino si rifugia dietro il Monumento
ai caduti, porta con sé i suoi tesori:
un vecchio sussidiario, alcuni giornalini di Fulmine, lo strummolo e la gugliata.
Quali tesori porterebbe con sé un ragazzino del nostro tempo? La risposta è
scontata: il cellulare.
Di don
Antonio De Giacomo, parroco di San Benedetto, che piange nel cantare il Te Deum
laudamus di ringraziamento alla notizia della fine della guerra, mentre le
donne in ginocchio vanno verso l’altare lungo la navata centrale della
chiesa.
Delle
sue lacrime di commozione paterna, quando la notte del primo Natale dopo la
guerra vede che al suono dei tamburelli i reduci con le loro famiglie danzano e
cantano all’interno della Chiesa madre.
Gli
argomenti affrontati sono talmente tanti
che ho avuto difficoltà a focalizzarli tutti.
Ci
rimettiamo alla grande capacità affabulatoria dell’autore che, mi auguro,
voglia ricostruire per noi l’atmosfera di quell’importante periodo storico, che
ha riproposto nel volume con la nostalgia e con
la passione di chi ha vissuto personalmente quei momenti importanti della storia locale intrecciata con la
macrostoria.