La morte è una sfida. La morte è un tentativo di comunicazione, poiché
gli uomini avvertono l’impossibilità di raggiungere quella mistica meta che
sentono sfuggire. Ciò che è vicino si allontana. L’estasi svanisce e si rimane
soli.
Un giovane si era ucciso. Si era buttato dalla finestra. Aveva fatto
la guerra. Le voci del suo amico, morto nella Grande guerra, risuonano nella
sua mente malata.
Le vicende del folle Septimus e della moglie Lucrezia si intrecciano
con la storia sentimentale di Peter Walsh e di Clarissa Dalloway, protagonisti
del romanzo La signora Dalloway della scrittrice inglese Virginia Woolf.
Amore e morte, conversione e filantropia, ipocrisia e snobismo,
emigrazione e Grande guerra sono gli ingredienti della struttura narrativa del
romanzo, che trasporta il lettore nella società salottiera londinese dove l’aristocratica
Clarissa organizza una grande festa a cui parteciperà persino il primo
ministro.
Clarissa donna amante del successo, immersa nelle apparenze del
trionfo, ha condiviso la sua giovinezza con Peter, ma ha sposato il potente
politico Richard, che le consente di condurre una vita sfarzosa, di dare grandi
feste, di coltivare rapporti con la crema sociale londinese.
Peter, innamorato di Clarissa, emigra deluso in India e lì conduce
una vita originale, ma fallimentare e senza prospettive.
La scrittrice racconta le vicende con un linguaggio colto,
raffinato e ricco di significati simbolici. Un romanzo profondo, che richiede
particolare attenzione e che va letto con grande spirito di meditazione.
La pazzia di Septimus, la frivolezza della società londinese, la
morte e la vita gioiosa si incontrano ed entrano in conflitto. Tutto si ritrova nella festa di Clarissa dove
c’è posto anche per Peter, rientrato dopo circa un ventennio dall’India, che
così ha modo di contemplare la sua Clarissa, di cui è ancora profondamente
innamorato.
Gaetano Bencivinni
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