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domenica 9 febbraio 2014

Foibe, l’orrore della verità

Il 10 febbraio 2007 il Presidente della Repubblica Giorgio Napolitano concluse il suo discorso dedicato al Ricordo evidenziando che “Nei rapporti tra i popoli, parte della riconciliazione, che fermamente vogliamo, è la verità”.
In questa tragedia che colpì gli italiani in terra giuliano-dalmata la verità è ancora offuscata dalle ideologie dei totalitarismi e dei nazionalismi che imperversarono in lungo e in largo l’Europa e il mondo del ‘900. 
Il riconoscimento - con la Giornata del Ricordo voluta dal 2004 - dell’orrore delle foibe e dell’esodo istriano è già un primo passo avanti verso la ricostruzione storica e storiografica dell’eccidio che si è andata configurando come piano di eccidio etnico. 
Ma ancora oggi sono le ideologie a prevalere sul buon senso e sul senso di appartenenza all’Europa se si pensa alle critiche avanzate a Simone Cristicchi per il suo spettacolo dedicato alle foibe e alle polemiche degli anni scorsi con tiri incrociati tra governo italiano e il Presidente della Croazia, Mesic. Mesic, in particolare, aveva accusato l’Italia di portare avanti forme di razzismo e revisionismo, mentre giustificava l’eccidio come estrema conseguenza e ultimo atto delle violenze inaudite subite dagli slavi di Tito ad opera dei fascisti.
Ancora una volta possiamo notare che, se si fa pendere la bilancia dalla parte del senso di appartenenza etnico, dimentichiamo l’orrore portato dalla guerra alle popolazioni. L’orrore portato da uomini ad altri uomini e donne e bambini. Quando è invece indispensabile sentirsi parte di un’Europa che non sia solo nei “protocolli delle cancellerie” – come ha ricordato uno degli esuli Lucio Toth – ma “una patria comune a più popoli”. Nel recupero di una verità che superi le lacerazioni del passato. Forse da questo esempio potrebbe muoversi anche un diverso dialogo tra Israele e Palestina.

Francesca Rennis

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