Arturo, allevato con latte di capra, vive
l’infanzia e l’adolescenza chiuso in se
stesso come la perla nell’ostrica .E’ Procida, la sua isola, mitizzata. Pieno
di sé non ricerca la compagnia degli altri suoi coetanei e rifugge da quella
degli adulti. Arturo non ha tagliato il cordone ombelicale e vive pago del
ricordo della mamma morta nel momento in
cui lo mette al mondo.
Solo, con un padre, anch’egli immaturo , vive
libero da qualsiasi controllo e autocontrollo. Sogna di avviarsi verso una vita
diversa e si sente un eroe come gli eroi di cui legge nei libri che trova nella sua casa polverosa, che il padre aveva
ereditato dall’amalfitano, un uomo che odiava le donne e che sul finire della
vita aveva maturato per lui un amore ossessivo.
Ma ecco che l’equilibrio, faticosamente
mantenuto, viene spezzato dall’arrivo di
una matrigna, giovane come lui, ingenua, abbarbicata alle sue idee di donna
semplice. Arturo rifugge anche da lei, ma piano piano se ne innamora e prova gioia
e dolore, voglia di morire e di fuggire con lei e proteggerla, come un eroe
senza macchia e senza paura.
E’ una seconda nascita, dolorosa . A poco a
poco abbandona il guscio protettivo della sua isola. Il bambino che è in lui
viene cancellato. Ha l’impressione di morire. Altalena tra adolescenza ed età adulta e finge il suicidio per
attirare l’attenzione della matrigna che vuole tutta per sé. La provoca per
essere preso in considerazione, per essere amato. Comprende che essa ricambia
il suo amore, ma non cede perché rinchiusa nella cella delle convenzioni.
Arturo è pronto per abbandonare il vecchio
bozzolo ormai divenuto soffocante e trova l’energia per
andare via, per tagliare il cordone ombelicale, abbandonare la sua isola, placenta che gli aveva
fornito tutto il necessario per vivere.
Il cerchio si chiude e parte con Silvestro, il
servo che lo aveva allevato con latte di capra
e a cui era legato da profonda amicizia.
L’isola di
Arturo
di Elsa Morante è “Un’iniziazione alla vita attraverso tutti i suoi misteri”.
Rosa
Randazzo
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