Il gattopardismo, legato alla celebre espressione del nobile
Tancredi “ cambiare tutto, perché tutto rimanga come prima”, fa parte ormai del linguaggio comune e sta ad
indicare l’opportunistico atteggiamento di chi, in modo più o meno furbesco, si
adatta al nuovo con l’obiettivo di continuare a galleggiare anche quando i cambiamenti della realtà sono
radicali.
Il tramonto dell’epoca borbonica e l’inizio della nuova stagione
risorgimentale fanno da supporto storico alla narrazione del romanzo Il
gattopardo dello scrittore Giuseppe Tommasi di Lampedusa. Le vicende della
nobile famiglia siciliana dei Salina ruotano intorno alla figura di don
Fabrizio, principe, astronomo ed intellettuale, che vive le contraddizioni del
passaggio dal Regno delle due Sicilie all’Italia unita.
Contraddizioni che emergono in tanti episodi, che vedono
protagonista il principe di Salina: le riflessioni con l’organista Ciccio Tumeo
sui brogli elettorali, il colloquio con il rampante don Calogero Sedara, le
considerazioni sull’immobilismo della Sicilia con l’inviato piemontese.
Ciccio Tumeo rappresenta il vecchio mondo, ormai al tramonto, don
Calogero Sedara è il nuovo sciacallo, che rappresenta il mondo borghese
emergente, l’inviato piemontese prospetta a don Fabrizio una nuova stagione di
potere in un nuovo mondo, che don Fabrizio sente totalmente estraneo e a cui
non può aderire senza compromettere le forme e le convenzioni, attaccate ormai
definitivamente sulla sua pelle. Insomma, il suo mondo è tramontato, il nuovo
non gli appartiene.
È proprio questo senso di morte che lo accompagna nelle vicende
del romanzo dall’inizio alla fine.
Il cadavere sbudellato di un soldato, ritrovato nel giardino di
casa Salina, lo spinge a riflettere sulla precarietà dell’esistenza umana, che
come un serbatoio si svuota più o meno lentamente sino a trasformarsi in un
mucchietto di polvere.
Il lugubre rintocco di una campana spinge la sua mente verso un
approdo di pace dove regna sovrano il silenzio assoluto. Corteggia persino la
morte, dipinta in un quadro, appeso sulla parete della biblioteca di un antico
palazzo di Palermo. L’accoglie infine come una donna affascinante a cui sorride
nel letto di morte.
Un romanzo che, a distanza di 56 anni dalla sua pubblicazione,
rimane coinvolgente, interessante e moderno.
Il messaggio che l’autore trasmette non è un nostalgico invito a
guardare il passato, ma è un ponte sul futuro, che indica la via maestra,
costituita dalla certezza che la vita cambia, ma rimane sempre se stessa: un flusso
di colori, sapori, odori, emozioni, sogni, che vanno vissuti intensamente. Il
silenzio assoluto può attendere.
Gaetano Bencivinni
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