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sabato 10 maggio 2014

Tra gattopardi e sciacalli

Il gattopardismo, legato alla celebre espressione del nobile Tancredi “ cambiare tutto, perché tutto rimanga come prima”,  fa parte ormai del linguaggio comune e sta ad indicare l’opportunistico atteggiamento di chi, in modo più o meno furbesco, si adatta al nuovo con l’obiettivo di continuare a galleggiare  anche quando i cambiamenti della realtà sono radicali.
Il tramonto dell’epoca borbonica e l’inizio della nuova stagione risorgimentale fanno da supporto storico alla narrazione del romanzo Il gattopardo dello scrittore Giuseppe Tommasi di Lampedusa. Le vicende della nobile famiglia siciliana dei Salina ruotano intorno alla figura di don Fabrizio, principe, astronomo ed intellettuale, che vive le contraddizioni del passaggio dal Regno delle due Sicilie all’Italia unita.
Contraddizioni che emergono in tanti episodi, che vedono protagonista il principe di Salina: le riflessioni con l’organista Ciccio Tumeo sui brogli elettorali, il colloquio con il rampante don Calogero Sedara, le considerazioni sull’immobilismo della Sicilia con l’inviato piemontese.
Ciccio Tumeo rappresenta il vecchio mondo, ormai al tramonto, don Calogero Sedara è il nuovo sciacallo, che rappresenta il mondo borghese emergente, l’inviato piemontese prospetta a don Fabrizio una nuova stagione di potere in un nuovo mondo, che don Fabrizio sente totalmente estraneo e a cui non può aderire senza compromettere le forme e le convenzioni, attaccate ormai definitivamente sulla sua pelle. Insomma, il suo mondo è tramontato, il nuovo non gli appartiene.
È proprio questo senso di morte che lo accompagna nelle vicende del romanzo dall’inizio alla fine.
Il cadavere sbudellato di un soldato, ritrovato nel giardino di casa Salina, lo spinge a riflettere sulla precarietà dell’esistenza umana, che come un serbatoio si svuota più o meno lentamente sino a trasformarsi in un mucchietto di polvere.
Il lugubre rintocco di una campana spinge la sua mente verso un approdo di pace dove regna sovrano il silenzio assoluto. Corteggia persino la morte, dipinta in un quadro, appeso sulla parete della biblioteca di un antico palazzo di Palermo. L’accoglie infine come una donna affascinante a cui sorride nel letto di morte.
Un romanzo che, a distanza di 56 anni dalla sua pubblicazione, rimane coinvolgente, interessante e moderno.
Il messaggio che l’autore trasmette non è un nostalgico invito a guardare il passato, ma è un ponte sul futuro, che indica la via maestra, costituita dalla certezza che la vita cambia, ma rimane sempre se stessa: un flusso di colori, sapori, odori, emozioni, sogni, che vanno vissuti intensamente. Il silenzio assoluto può attendere.


Gaetano Bencivinni                   

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