La questione dell’immigrazione è al centro della narrazione del
romanzo Nel mare ci sono i coccodrilli dello scrittore Fabio Geda.
Protagonista è il giovanissimo Enaiatollah Akbari, che racconta
all’autore, sotto forma di intervista, il suo avventuroso viaggio
dall’Afghanistan all’Italia, terra di approdo in cui ha trovato una
soddisfacente ospitalità.
A soli dieci anni viene abbandonato dalla madre, per salvarlo dal
pericolo di essere ucciso dai talebani. Viene lasciato in un magazzino –
albergo nel Pakistan. Lì si ritrova solo, gettato nel mondo alla disperata
ricerca della sopravvivenza.
Fa di tutto. Il venditore ambulante in Pakistan, il manovale e il
lavoratore in una fabbrica di pietre in Iran. Attraversa tra mille insidie le
montagne che separano l’Iran dalla Turchia. Si sposta ad Istanbul nascosto nel
sottopiano di un camion insieme ad altri, ammucchiati come sardine. Attraversa
il mare con un gommone e tra tanti pericoli raggiunge Mitilene e da lì poi
arriva ad Atene.
L’ultima tappa del suo viaggio la percorre nascosto in un camion,
che lo trasporta sino a Venezia.
Un romanzo che ha il merito di descrivere con realismo e
concretezza la drammatica situazione in cui si ritrovano tanti immigrati,
costretti a lasciare la propria terra inospitale. Una rete di trafficanti li
avvolge, li tormenta e li spreme come limoni.
Il calvario del protagonista inizia all’età di dieci anni e si
chiude all’età di quindici, allorché finalmente in Italia viene accolto da una
comunità a Torino. Viene affidato ad una famiglia generosa e viene messo nelle
condizioni di ottenere il permesso di soggiorno come rifugiato politico. Da
quel momento inizia la sua nuova vita da integrato. Studia, lavora e racconta
così all’età di ventuno anni la sua drammatica esperienza di vita.
Il romanzo si fa apprezzare per la straordinaria efficacia
comunicativa e soprattutto per l’impatto che produce sul lettore, trasportato
abilmente nel mondo drammatico degli immigrati, che vengono descritti e
presentati nel contesto reale in cui soffrono, aspirano a migliorare le
condizioni di vita, muoiono spesso nel disperato tentativo di sottrarsi alla
miseria della terra in cui sono nati.
Il messaggio che l’autore trasmette è che bisogna rapportarsi con
il mondo dell’immigrazione con un atteggiamento di comprensione e di
accoglienza. La civiltà occidentale non
si deve affidare alla logica delle armi e dei missili, ma deve avere la
capacità di costruire comunità inclusive in grado di cogliere l’opportunità
dell’integrazione delle culture in un’ottica di un modello di sviluppo
internazionale in grado di superare la logica dell’intolleranza, della chiusura
egoistica, della guerra e del conflitto tra religioni e culture diverse.
Gaetano Bencivinni
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