In questa tragedia che colpì gli italiani in
terra giuliano-dalmata la verità è ancora offuscata dalle ideologie dei
totalitarismi e dei nazionalismi che imperversarono in lungo e in largo l’Europa
e il mondo del ‘900.
Il riconoscimento - con la Giornata del Ricordo voluta dal
2004 - dell’orrore delle foibe e dell’esodo istriano è già un primo passo
avanti verso la ricostruzione storica e storiografica dell’eccidio che si è andata
configurando come piano di eccidio etnico.
Ma ancora oggi sono le ideologie a
prevalere sul buon senso e sul senso di appartenenza all’Europa se si pensa alle
critiche avanzate a Simone Cristicchi per il suo spettacolo dedicato alle foibe
e alle polemiche degli anni scorsi con tiri incrociati tra governo italiano e
il Presidente della Croazia, Mesic. Mesic, in particolare, aveva accusato l’Italia
di portare avanti forme di razzismo e revisionismo, mentre giustificava l’eccidio
come estrema conseguenza e ultimo atto delle violenze inaudite subite dagli
slavi di Tito ad opera dei fascisti.
Ancora una volta possiamo notare che, se si fa pendere la
bilancia dalla parte del senso di appartenenza etnico, dimentichiamo l’orrore
portato dalla guerra alle popolazioni. L’orrore portato da uomini ad altri
uomini e donne e bambini. Quando è invece indispensabile sentirsi parte di un’Europa
che non sia solo nei “protocolli delle cancellerie” – come ha ricordato uno
degli esuli Lucio Toth – ma “una patria comune a più popoli”. Nel recupero di
una verità che superi le lacerazioni del passato. Forse da questo esempio
potrebbe muoversi anche un diverso dialogo tra Israele e Palestina.
Francesca Rennis
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