Come
una canna, l’uomo è esposto al vento della sorte. Una sorte, macchiata dalla
colpa, quella di Efix, protagonista del romanzo Canne al vento della scrittrice
sarda Grazia Deledda.
Il
servo Efix favorisce la fuga della dama Lia Pintor, che lascia il suo paesino
in provincia di Nuoro, per sottrarsi alla morsa autoritaria del padre, che
accidentalmente viene ucciso proprio da Efix in una zona isolata del podere dei
Pintor.
Un
delitto, ignorato da tutti, che pesa come un macigno sulla coscienza del servo
che, per espiare la colpa, dedica tutta la sua vita al servizio delle tre
sorelle di Lia, rimaste nubili in casa: Ruth, Ester e Noemi.
Anche
Giacinto, figlio di Lia, sposatasi nel continente, ha una sorte segnata da una
colpa.
Impiegato
alla dogana, si appropria di un pagamento di un ingenuo capitano, perde la
somma al gioco e nega di aver ricevuto i soldi dal capitano, che lo denuncia.
Giacinto
perde così il posto e precipita nella miseria. Decide pertanto di recarsi in
Sardegna dalle zie, ormai nobili decadute.
La
condotta irresponsabile del nipote porta alla rovina le sorelle Pintor, che
sono costrette a vendere il podere al cugino Pietro, per evitare lo scandalo
dell’esproprio per una falsa firma di Ester, utilizzata da Giacinto per
ottenere un prestito dalla usuraia del paese.
Il
romanzo si conclude con il matrimonio di Giacinto con la povera contadinella
Grixenda e con il matrimonio della nobildonna Noemi con il ricco cugino Pietro.
Efix
muore in solitudine nella casa dei Pintor, dopo aver confessato la sua colpa al
prete in punto di morte.
Un
romanzo coinvolgente, che trasporta il lettore nel mondo arcaico della Sardegna
rurale, non contaminata ancora dagli strali della modernità.
Gaetano
Bencivinni
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