È l’ultimo testo narrativo di Leonardo Sciascia il breve romanzo
Una storia semplice, che ruota intorno all’assassinio del diplomatico Giorgio
Roccella, rientrato in Sicilia da Edinburgo dopo 15 anni, per cercare vecchie
lettere di Garibaldi e di Pirandello nel solaio della sua villa, pressoché
abbandonata. Lì trova un noto dipinto derubato. Si allarma e chiama la polizia.
Arriva invece il suo assassino.
Con stile asciutto e di grande efficacia comunicativa, l’autore
narra le vicende del giallo da cui traspare tutta l’amarezza di Sciascia che
punta il dito sull’incapacità dello Stato a fronteggiare l’azione criminale
della mafia.
Un commissario corrotto e connivente con le cosche mafiose, un
magistrato negligente ed imbelle, la sterile competizione tra L’Arma dei
carabinieri e il Corpo di polizia, che fanno le stesse cose, si pestano i piedi
e finiscono con il perdere di vista la verità. Inutile il tentativo del
brigadiere Lagandara che prova a mettere nei giusti binari le indagini, ma
viene sistematicamente zittito dal Questore e dal Commissario capo della
polizia giudiziaria.
Particolarmente inquietante la figura di Padre Cricco, un prete
assassino, organico alla mafia.
Una storia semplice e in linea con i romanzi Il giorno della
civetta e A ciascuno il suo.
I tre romanzi sono accomunati dalla costante preoccupazione dello
scrittore siciliano sull’incapacità degli apparati statali, inquinati da
infiltrazioni mafiose, a garantire la piena funzionalità della Giustizia.
Nel romanzo Il giorno della civetta le indagini del Capitano
Bellodi sono vanificate dalle potenti amicizie politiche di cui dispone il
capomafia don Mariano Arena. In A ciascuno il suo il tentativo del professor
Laurana di scoprire la verità sull’assassinio degli amici Manno e Roscio si
conclude tragicamente in una zolfara abbandonata dove viene gettato da un
sicario della mafia.
Tutto lascia pensare che per Sciascia la Giustizia non abbia
nessuna possibilità di successo. Non è così.
I Bellodi, i Lagandara, i Laurana rappresentano invece quello
spiraglio di speranza, che tiene il lettore lontano dal baratro della
rassegnazione.
Il cretino non è Laurana, come afferma don Luigi alla fine di A
ciascuno il suo. Per Sciascia i cretini sono quelli che sanno e non parlano. I
cretini sono quelli che fanno l’inchino al potere mafioso.
Gaetano Bencivinni
Nessun commento :
Posta un commento