Mostra il volto oscuro del capitalismo moderno il romanzo di
Luciano Bianciardi La vita agra, che vede la luce nel 1962 in pieno boom
economico.
L’autore si muove controcorrente e punta il dito sugli aspetti negativi
di quella fase di sviluppo, che trasformava l’Italia da Paese agricolo a
società industriale avanzata.
La tragedia dei minatori maremmani del 4 maggio 1954 offre allo
scrittore lo spunto per la narrazione, che ha come protagonista Luciano, un
provinciale che assume la missione di punire il capitalismo, facendo saltare a
Milano il Pirellone, simbolo del nuovo potere industriale.
Il romanzo è la storia di un sogno che progressivamente si
infrange contro i perversi meccanismi della modernità, che assorbono e
condizionano la vita di Luciano.
L’autore si avvale di un linguaggio ironico, che spesso diventa
addirittura buffo. Luciano subisce sulla sua pelle la lenta ed inesorabile
sconfitta di chi deve arrendersi, prendendo atto del fallimento della sua missione
e del suo sogno rivoluzionario.
Un racconto amaro che evidenzia le tante ombre e le contraddizioni
che lo sviluppo industriale ha prodotto ed indica il tramonto dell’illusione
che il benessere possa divenire un fenomeno diffuso, esteso anche alle classi
sociali tradizionalmente meno abbienti.
Bianciardi ha il merito di aver anticipato quel disagio
collettivo, che si manifesterà con tutta la sua forza dirompente negli anni
successivi con la contestazione globale del sistema, divenuta la molla dell’azione
del movimento studentesco ed operaio negli anni compresi tra il 1968 e il 1977.
Gaetano Bencivinni
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