Mi
chiedevano caramelle
Fornire a chi non è mai
stato in Terra Santa l’opportunità di fare una esperienza mediata di quei luoghi.
Questo il principale
obiettivo che si è posto Luigi Leporini nello scrivere il libro “In Terra
Santa. Pellegrinaggio alle radici della nostra fede”, Editoriale Progetto 2000.
Obiettivo centrato in pieno.
Quei luoghi li vedi
attraverso gli occhi dell’autore, li percorri insieme a lui, attraverso la sua
rievocazione. La sua esperienza non è più solo sua ma diventa anche la tua,
nuova, diversa, ma non meno intensa.
Questo commento-
recensione vede la mia esperienza di
lettrice e l’esperienza dell’autore intrecciate, fuse insieme.
Significativa e pregnante la dedica riportata come incipit, chiave di lettura di
tutto il testo: Ai bambini di Palestina,
assetati di pace, che mi chiedevano le caramelle e ai quali non ho dato di più.
All’autore, che ha
ripercorso i luoghi in cui Cristo è vissuto e morto è accaduto ciò che accade
quando ci si accosta al Vangelo di Cristo.
Ci si sente piccoli, non ci
si accontenta del cristiano che si è. Si sente che si potrebbe fare di più. Si
vorrebbe fare di più. E’ciò che accade all’autore. Egli percepisce che la richiesta
di caramelle ne nasconde un’altra impellente, la richiesta della pace, urgente
in una terra martoriata da una lunga, interminabile guerra. In una Terra in cui
è nata la Pace che gli uomini non hanno accolto.
All’esperienza tutta interiore dell’autore
fanno da contrappunto riflessioni,veloci come stilettate, sulla situazione
politica e sociale dei luoghi “calpestati e, in certo senso, trasfigurati” da
un uomo chiamato Gesù, nel quale il divino si è manifestato.
All’autore non importa
disquisire sui torti e le ragioni. Si addolora e si rammarica e per la triste
vita dei Palestinesi e per Israele cui
“qualcuno nega il diritto di esistere”.
Le tappe si susseguono
l’una all’altra: Tel Aviv, Cesarea Marittima, il Monte Carmelo, Nazareth, Cana.
I luoghi rimandano al
Vangelo, il Vangelo ti riporta nei luoghi. Forte emerge il disappunto per la
trasformazioni ‘esasperate’ prodotte nei luoghi tante volte immaginati, tante
volte plasmati.
A Cana i pellegrini
rinnovano le promesse coniugali “ fino a che morte non vi separi.” Su un muro
di pietre a vista troneggiano tre giare. Le giare dell’acqua trasformata in
vino, simbolo della gioia e della nuova
alleanza nell’amore, che sostituisce la vecchia alleanza nella Legge che produceva tristezza perché mancava il vino dell’amore.
Gesù a Cana offre solo un assaggio del suo vino, perché non era ancora giunta
la sua ora: l’ora della sua Pasqua, l’ora in cui offrirà il suo Spirito.
Il pellegrinaggio continua:
il Monte Tabor, Nazareth, Cafarnao,
Tabga, il monte delle beatitudini, il lago di Genezaret.
Come non naufragare in
cotanto mare!
Il pellegrino allora
diviene spettatore privilegiato dello splendore di Gesù trasfigurato e ascolta:
Xaire Maria! Beve alla fontana dove Maria andava ad attingere acqua, ode la
voce del Maestro che nella sinagoga di Cafarnao insegna “come uno che ha
autorità” e diviene spettatore della divisione dei pani, della condivisione che
elimina il bisogno. Sente risuonare la proclamazione di tutte le beatitudini
che sconvolgono “i canoni delle ordinarie concezioni umane” .
Le beatitudini, fede vissuta,
segni della vita nuova, esempi di ciò che avviene quando il Regno di Dio erompe
in questo mondo ancora dominato dalla morte e dal peccato.
Sul lago di Genezareth la
voce di Leporini diviene poesia, il linguaggio più adatto per esprimere lo
stupore:
Ci
sentiamo
cittadini
del mondo,
pulviscolo
immerso nell’universo infinito
fratelli di tutti i credenti,
di
chi non crede,
di
chi crede in modo diverso,
seguaci
di quel Gesù
di cui queste acque parlano,
di
cui sentiamo la presenza.
Il linguaggio più adatto per esprimere il rendimento di
grazie:
Grazie,
Signore, di averci consentito di arrivare fin qui da lontano a respirare l’aria
che qui hai respirato, uomo fra gli uomini.
Grazie,
per averci concesso di venire sin qui a
saziare lo sguardo nella mistica bellezza di questo luogo, a verificare e
alimentare su queste acque a te care la fragilità della nostra fede.
Il pellegrinaggio continua. Noi ci fermiamo
qui. Il resto è affidato all’immersione del lettore nelle pagine coinvolgenti
dello scrittore cetrarese per una esperienza tutta personale.
Rosa Randazzo
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