Ascolta Odisseo il canto delle Sirene, legato al palo della nave,
che solca le acque azzurre del tempo ed evita i teschi e gli scheletri di lidi
malsani. Acchiappa l’istante del bello e lo conserva furtivamente nello scrigno
dell’arte del superfluo.
I rematori, ignari e sordi, remano con slancio verso terre lontane
dove rimbomba l’urlo cavernoso di Scilla e rumoreggia furente il gorgo di
Cariddi.
Odisseo stringe la bussola di Circe, che conosce le miserie delle
bestie e cede al fascino dell’ingegno, proiettato verso i misteriosi abissi
dell’Ade.
Lì lo aspettano l’indovino Tiresia e l’indomito Achille, Re delle
ombre.
Ha lasciato con sdegno la terra dei Ciclopi, sfidando i procellosi venti di Eolo e l’ira di Nettuno.
Non ha ceduto all’affascinante richiamo della Ninfa Calipso né al
dolce invito di Nausica.
Tra piaceri e dolori, tra gioie e sofferenze, tra luci e tenebre
ha guidato la zattera della sua esistenza con lo sguardo rivolto al faro di
Itaca, avvinghiata dalle spire fameliche dei Proci.
Lì c’è Penelope, che tesse la tela dei sogni. Lì c’è Telemaco, che
aspetta il ritorno del padre.
Gaetano Bencivinni
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