L’uscita
del film di Paolo Sorrentino, La grande bellezza, è stata accompagnata
da discussioni e polemiche, acuite nel momento in cui il film, graditissimo
agli Americani, è stato proposto per l’Oscar al migliore film straniero.
Gli
Americani, si è detto, hanno amato non il film in se stesso ma gli scorci
bellissimi di Roma di notte, le sue opere d’arte, i suoi palazzi, le sue
fontane che sanno di storia che viene da lontano.
Il
regista, si è detto, ha presentato il peggio della società romana. Ha
presentato una società futile, assuefatta alla droga ed al dolce far niente.
Assonnata, dormiente, nonostante il frastuono della musica ed il ritmo
frenetico dei balli di gruppo cui si abbandona. Una società tutta
ripiegata su se stessa .
La
bellezza è fuggita da Roma. Lo dicono le prime scene del film. Il titolo e le
prime immagini suggeriscono questa chiave di lettura.
La
grande bellezza è fuggita da Roma. Per questo il protagonista, Geppo
Gambaradella , non riesce a scrivere il suo secondo romanzo, dopo il grande
successo del primo, “bello e feroce come il mondo degli uomini”, come afferma
suor Maria, la Santa, in visita a Roma e ospite del protagonista ad una cena
nella sua bellissima casa che si affaccia sul Colosseo.
Non
può scrivere un romanzo sul niente, come afferma egli stesso.
Geppo
è preso dalla vita vuota della Roma bene, ma non ne è prigioniero. E’ un uomo
in ricerca. Lo dicono il suo percorrere le strade di Roma di notte per
assaporarne il fascino, il suo sguardo che si posa affettuoso sui giochi dei
bimbi, su una suora che gusta un frutto appena raccolto da un albero …
Tu
non sei nessuno. Questo la coscienza che il protagonista ha di sé.
“Siamo
tutti sull’orlo della disperazione e dobbiamo guardarci con affetto”, dice ad
una amica spocchiosa e tanto sicura di sé. Questa la coscienza che il
protagonista ha delle persone che gli stanno accanto.
Geppo
non si ripiega su se stesso e trova se stesso fuori delle acque di Narciso. E’
in ricerca.
Infine
comprende che la grande bellezza non esiste. Esistono sparuti sprazzi di
bellezza che bisogna saper cogliere. Solo allora può dare inizio al suo
secondo romanzo.
Questa
è solo una chiave di lettura del film. Ma il regista lascia qua e là segni di
segni perché su di essi si eserciti la preghiera della decifrazione , per
dirla con Umberto Eco.
Frasi
e scene seminate qua e là che suggeriscono diversi temi, che generano nuove e
diverse interpretazioni.
Il
tema della decadenza dell’Ovest, l’importanza delle radici, il tema della
povertà nella Chiesa, raccontata, non vissuta, la bellezza di una vita semplice
fatta di propinquità , la poliedricità della persona, una eppure sempre
diversa, l’amicizia che è tale, quando l’amico fa emergere il bambino che
è in te.
Il
film è racconto e talvolta poesia e come tale genera letture sempre
diverse. Tante letture quanti sono i lettori. Questo il fascino di ogni
racconto. Questo il fascino di La grande bellezza che è racconto e
poesia.
Rosa Randazzo
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