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giovedì 6 marzo 2014

La grande Bellezza

L’uscita del film di Paolo Sorrentino, La grande bellezza, è stata accompagnata da discussioni e polemiche, acuite nel momento in cui il film, graditissimo agli Americani, è stato proposto per l’Oscar al  migliore film straniero.
Gli Americani, si è detto, hanno amato non il film in se stesso ma gli scorci bellissimi di Roma di notte, le sue opere d’arte, i  suoi palazzi, le sue fontane che sanno di storia che viene da lontano.
Il regista, si è detto, ha presentato il peggio della società romana. Ha presentato una società futile, assuefatta alla droga ed al dolce far niente. Assonnata, dormiente, nonostante il frastuono della musica ed il ritmo frenetico  dei balli di gruppo cui si abbandona. Una società tutta ripiegata su se stessa .
La bellezza è fuggita da Roma. Lo dicono le prime scene del film. Il titolo e le prime immagini suggeriscono questa chiave di lettura.
La grande bellezza  è fuggita da Roma. Per questo il protagonista, Geppo Gambaradella , non riesce a scrivere il suo secondo romanzo, dopo il grande successo del primo, “bello e feroce come il mondo degli uomini”, come afferma suor Maria, la Santa, in visita a Roma e ospite del protagonista ad una cena nella sua bellissima casa che si affaccia sul Colosseo.
 Non può scrivere un romanzo sul niente, come afferma egli stesso.
Geppo  è preso dalla vita vuota della Roma bene, ma non ne è prigioniero. E’ un uomo in ricerca. Lo dicono il suo percorrere le strade di Roma di notte per assaporarne il fascino, il suo sguardo che si posa affettuoso sui giochi dei bimbi, su una suora che gusta un frutto appena raccolto da un albero …
Tu non sei nessuno. Questo la coscienza che il protagonista  ha di sé.
 “Siamo tutti sull’orlo della disperazione e dobbiamo guardarci con affetto”, dice ad una amica spocchiosa e tanto sicura di sé. Questa la coscienza che il protagonista  ha delle persone che gli stanno accanto.
Geppo non si ripiega su se stesso e trova se stesso fuori delle acque di Narciso. E’ in ricerca.
 Infine  comprende che  la grande bellezza non esiste. Esistono sparuti sprazzi di bellezza che bisogna saper cogliere.  Solo allora può dare inizio al suo secondo romanzo.
Questa è solo una chiave di lettura del film. Ma il regista lascia qua e là segni di segni  perché su di essi si eserciti la preghiera della decifrazione , per dirla con Umberto Eco.
Frasi e scene seminate qua e là che suggeriscono diversi temi, che generano nuove e diverse interpretazioni.
Il tema della decadenza dell’Ovest, l’importanza  delle radici, il tema della povertà nella Chiesa, raccontata, non vissuta, la bellezza di una vita semplice fatta di propinquità , la poliedricità della persona, una eppure sempre diversa, l’amicizia che è tale, quando  l’amico fa emergere il bambino che è in te.
Il film  è racconto e talvolta poesia e come tale genera letture sempre diverse. Tante letture quanti sono i lettori. Questo il fascino di ogni racconto. Questo il fascino di La grande bellezza che è racconto e poesia.

Rosa Randazzo

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